Banche Usa in campo contro la Brexit

La possibile uscita del Regno Unito dall’Unione europea non piace alle grandi banche Usa. E proprio per questo Goldman Sach, Jp Morgan, Bank of America, Citi e Morgan Stanley, nella corsa per arginare la cosiddetta “Brexit”, sarebbero pronte a versare un importo a sei cifre alla campagna “Britain Stronger in Europe”. Goldman Sachs pare abbia dato il contributo maggiore, pari a 500.000 sterline. 

L’istituto guidato da Lloyd Blankfein fu infatti il primo a dare l’allarme sui rischi per la City in caso di strappo di Londra da Bruxelles, nelle giornate immediatamente successive all’annuncio del referendum voluto da David Cameron. A seguirlo sono poi state le altre banche d’affari americane si sono allineate con appelli simili.

La preoccupazione delle banche è legittima e gli istituti Usa finiranno per mettere sul tavolo forse la fetta più consistente dei 7 milioni di sterline che il fronte referendario pro-Ue avrà a disposizione per la campagna.

Non si sbilanciano invece le banche inglesi,  consapevoli che il referendum sarà destinato a spaccare il Paese a metà e a tagliare in modo trasversale i partiti politici.

Rbs è statale e attende un’indicazione dal governo che probabilmente non arriverà, essendo i membri dell’esecutivo liberi – per volontà del premier – di dare battaglia sia a favore sia contro la partecipazione all’Unione. Barclays resta invece sotto traccia.

La linea del premier Cameron è favorevole alla partecipazione a un’Unione nuova, con riforme che vanno a partire dall’accesso al welfare per gli immigrati intraeuropei, fino alla sovranità dei parlamenti nazionali, passando per altri delicati capitoli del processo d’integrazione europea che sono anche alla base del mercato interno.

I sondaggi di queste ultime settimane ci dicono che per il momento l’opinione pubblica sarebbe più prooensa al “no” all’Ue. Scenario che scuote i Tory, ma anche il Labour party e soprattutto il mondo del business. La Cbi – la Confindustria britannica – in passato s’era fortemente sbilanciata contro Brexit, ora, pur restando contraria, ha un atteggiamento più cauto per non dividere il fronte degli associati.

Il negoziato fra Londra e i partner dovrebbe entrare nella fase finale al vertice Ue di metà febbraio per consentire la consultazione popolare entro giugno. 

 

Noemi

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