Azimut lancia la democrazia del private capital. Almeno 10 miliardi in alternativi
Creare un ponte tra risparmio ed economia reale. E ‘ questa l’ambizione di Azimut Libera Impresa (Ali), la piattaforma integrata di prodotti e servizi dedicata a imprenditori e risparmiatori, creata dal gruppo attivo nella gestione del risparmio Azimut.
Il management di Azimut e di Ali ha incontrato la comunità finanziaria per illustrare la strategia negli investimenti alternativi, ovver l’asset class chiave, nella fase storica attuale (caratterizzata da tassi a zero o negativi), per conseguire il duplice obiettivo di ottenere rendimenti ed erogare liquidità alle imprese (sul tema, nel prossimo numero di MAG ci sarà un approfondimento, focalizzato sul nuovo Miv, il mercato di Borsa Italiana dedicato ai veicoli d’investimento).
Pietro Giuliani (nella foto), presidente del gruppo Azimut, ha cominciato la presentazione illustrando i risultati ottenuti dalla quotazione ad oggi, lamentando di essere “un po’ sottovalutati” a Piazza Affari. E’ quindi passata a sottolineare come a livello internazionale da tempo i colossi del risparmio gestito stiano incrementando il peso degli alternativi in portafoglio. Infine, Giuliani ha tracciato gli obiettivi di massima del gruppo relativamente agli asset illiquidi: nel piano 2020-2024 si prevederà che il peso dei mercati privati e alternativi sul patrimonio complessivo salirà dall’attuale 1% a oltre il 15%: “Ma pensiamo al 30%”, ha precisato. Tradotto in cifre, rispetto agli attuali 56,5 miliardi di masse in gestione, pensando che grosso modo nel 2024 gli Aum saranno arrivati a 75 miliardi (“E’ un numero indicativo, non sarà nel piano a cinque anni”, ha puntualizzato), la quota destinata ai mercati privati e alternativi ammonterà ad almeno 10-11 miliardi; ovviamente, dato che Azimut ritiene che il peso effettivo sarà superiore al 15% (“Penso a una cifra tra il 15 e il 30%, ci metto la faccia”, ha affermato Giuliani), le masse di Azimut destinate agli illiquidi dovrebbero superare chiaramente quota 10 miliardi. A seconda degli Aum destinati agli alternativi, su questa asset class Azimut ai clienti promette una performance annua compresa tra il 5 e il 10%, ovvero il 2% circa sugli Aum complessivi. “Non è un’opzione” (l’investimento in alternativi), ha proseguito Giuliani, “è un must”.
Paolo Martini, amministratore delegato e direttore generale di Azimut Holding e presidente di Ali, è quindi passato a illustrare le motivazioni alla base della strategia del gruppo, sottolineando come gli investimenti in private capital negli ultimi dieci anni abbiano avuto rendimenti decisamente superiori rispetto al risparmio gestito. Da qui l’idea di “una democratizzazione” del mercato dei private capital, sinora “appannaggio solo di istituzionali e family office”. A ciò si accompagna l’obiettivo di “contribuire alla crescita delle imprese, fare del bene al paese”. Ali, ha proseguito Martini, “nei prossimi cinque anni vuole contribuire alla crescita di circa cinquecento aziende e creare 50.000 posti di lavoro”.
In sostanza, si tratta di sbloccare la ricchezza enorme detenuta da investitori e risparmiatori (4.287 miliardi, di cui 1.371 miliardi bloccati sui conti corrente) e di farla arrivare a quelle circa 150.000 pmi sane, che occupano 4 milioni di persone e contribuiscono al Pil per 212 miliardi (12,6%). E svolgere la funzione di ponte tra risparmio ed economia reale garantendo agli investitori “performance più interessanti, senza l’ansia del breve termine”. Se le famiglie italiane, ha sottolineato Martini, spostassero sul private market anche solo l’1% della ricchezza complessiva (pari a 9.210 miliardi), sull’economia reale si riverserebbero 92 miliardi, ovvero “una finanziaria fatta molto bene”. Attualmente, solo 0,26% della ricchezza delle famiglie viene destinata al private market; in Francia la quota è pari all’1,2% e in Gran Bretagna al 4,4%.
Per individuare i target d’investimento Azimut potrà contare sulla rete di promotori presente sul territorio, oltre che sui venti professionisti del team corporate e sui ventidue accordi siglati con boutique; lo scouting ha già portato a raccogliere venti mandati. Ali allo stato può contare su Aum per 556 milioni, tra prodotti già operativi e commitment, una potenza di fuoco che pochi operatori di private equity possono vantare in Italia. Ma i piani prevedono di crescere parecchio.
La piattaforma Azimut Libera Impresa comprende a oggi otto fondi, tra i quali alcuni in fase di lancio e altri che saranno varati nel corso dei prossimi mesi, per una raccolta complessiva di 1,5 miliardi di euro a fine 2020. Marco Belletti, amministratore delegato di Ali Sgr, ha illustrato nel dettaglio questa “iniziativa transformational nel risparmio gestito”, che ha lo scopo di “rendere attiva la ricchezza”. La pipeline dei prodotti di Ali comprende tutte le tipologie di investimenti alternativi (private equity, private debt, venture capital, pre-booking/spac, expansion/permanent capital, impact investing, direct lending, non-performing exposures, real estate, infrastructure), compresi fondi di fondi (con focus sull’estero) e fondi di co-investimento (cosiddetto sidecar).
Il prodotto più innovativo, quello che meglio esprime il concetto di democratizzazione degli alternatives, è Demos 1, il primo fondo chiuso di private equity retail al mondo, con importo minimo di sottoscrizione pari a 5mila euro. Ha una dotazione di 350 milioni di euro da investire in aziende italiane, con un fatturato compreso tra 30 e 250 milioni, e un ticket di investimento per operazione dai 20 ai 60 milioni di euro.
Matteo Bruni, partner di Ali, ha precisato che Demos 1 investirà in 8-10 aziende. L’obiettivo di rendimento a sei anni è pari a circa due volte il capitale investito, “ma puntiamo a fare molto meglio”.
Gli altri prodotti che fanno parte della piattaforma Ali, allo stato, sono il fondo di fondi Global Invest, ITA 500, Corporate Cash, Private Debt, Ipo Club, Antares e Fsi.
I manager di Azimut hanno più volte accennato alla convinzione di aver tracciato una strada che verrà percorsa da altri operatori. Del resto, ha sottolineato Giuliani, “con i tassi negativi, rendimenti dell’obbligazionario prossimi allo zero e un equity volatile”, gli alternativi sono praticamente l’unica opzione per ottenere rendimenti. E ciò vale per tutte le categorie di investitori, compresi fondi pensione, casse previdenziali e assicurazioni.
Giuliani, Martini e Belletti concordano nel sostenere che non c’è alcun contrasto con l’industria del private equity tradizionale. “Sono contenti”, ha commentato Martini, “diamo una scossa al mercato”. Belletti ha anticipato grande attenzione, nelle scelte di investimento, al direct lending e ai criteri Esg.
Infine, sollecitato sull’ipotesi di acquisizioni di team di gestione per crescere più velocemente negli alternativi, Giuliani ha riposto di essere “sempre aperto e disponibile” all’attività di M&A, “ma per questa taglia sarà difficile” seguire questa strada. Potrebbe essere ipotizzabile optare per acquisizioni nei segmenti “alto di gamma o istituzionali”.