Così il crowdfunding aiuta la Cappella de’ Pazzi di Firenze

Oltre 100 mila dollari raccolti e 859 sostenitori.

Con una riuscita operazione di crowdfunding internazionale, realizzata attraverso Kickstarter e con la partnership di The Florentine, magazine per angloamericani a Firenze, l’Opera di Santa Croce di Firenze ha trovato i fondi necessari per completare il restauro del loggiato della Cappella de’ Pazzi nella Basilica di Santa Croce, gioiello dell’architettura rinascimentale fiorentina progettato da Filippo Brunelleschi.

«È la prima volta che a Firenze viene utilizzato questo mezzo di finanziamento da una delle sue principali istituzioni culturali. Quest’operazione ha inaugurato un nuovo corso per trovare fondi alternativi al biglietto d’ingresso, che finora è stata la principale fonte di guadagno del sito», afferma Irene Sanesi (nella foto), presidente dell’Opera.

La campagna, durata 33 giorni, ha visto la partecipazione di molti stranieri, in particolare statunitensi (il 77% dei donatori) ma anche sostenitori provenienti da Indonesia, Perù, Paesi Bassi, Australia e Nuova Zelanda.

 Le offerte andavano da un minimo di un dollaro a 10.000 dollari, per una raccolta media di 3 mila dollari il giorno, con un valore medio delle donazioni pari a 119 dollari.

«L’idea del crowdfunding nasce, oltre che per trovare le risorse necessarie al restauro, anche per proporre un progetto di partecipazione diffusa, per coinvolgere tutte le persone interessate, anche quelle che non avevano mai visto l’opera», aggiunge Sanesi, secondo la quale «questo successo dimostra che il crowdfunding è un efficace strumento di comunicazione e di costruzione di comunità nonché un metodo etico e democratico per la raccolta di fondi per fini artistici e culturali».

Tolte queste forme di finanziamento 2.0, qual’è il rapporto, oggi, tra la finanza tradizionale e la cultura? «Oggi esistono strumenti anche fiscali allettanti per la finanza per agevolare gli investimenti in cultura, ad esempio l’art bonus, che consente la detrazione dalle imposte fino al 65% dell’importo donato – spiega Sanesi, che è anche dottore commercialista – tuttavia di fatto è necessario fare un gran lavoro di cooperazione fra i due mondi che crei una sorta di mentalità della cultura».

Il senso è che «da un lato la cultura deve essere meno autoreferenziale e aprirsi a progetti di cooperazone, dall’altro la finanza deve fare un passo in direzione della cultura. Entrambe devono lavorare in un’ottica di partnership e reciprocità». Ma quello che più conta è, secondo Sanesi, la continuità: «Esistono molte iniziative singole ma sono poco efficaci perché hanno un termine. Occorre una mentalità della continuità».

 

SHARE