Il processo di due diligence: l’importanza della coerenza

di nicola barbiero*

 

Facendo tesoro di quanto emerso nei precedenti approfondimenti anche con l’aiuto del dottor Marco Di Miceli, iniziamo a vedere quali metri di giudizio e quali dinamiche possono essere utilizzate per valutare il gestore di un fondo chiuso. Come sempre, non c’è alcuna intenzione di riportare degli assiomi veri in ogni circostanza ma proporre degli spunti utili per iniziare una riflessione concreta e critica su ciascuna tematica.

La valutazione del gestore di un fondo chiuso è un’attività molto complessa e dovrebbe sempre essere condotta nel rispetto dell’obiettivo che si vuole raggiungere: qualora un fondo pensione voglia sottoscrivere un fondo di buy-out e si trovi, invece, a valutare il gestore di un fondo di seed capital, il suo giudizio, per forza di cose, non potrà essere positivo; in caso contrario l’obiettivo d’investimento che il fondo pensione si prefigge di ottenere non è così chiaro e ciò potrebbe rappresentare un problema (per il fondo e per i suoi iscritti). Allo stesso tempo è importante non confondere la valutazione del gestore con la valutazione umana sulle persone che fanno parte del team di gestione: nel corso della due diligence ritengo non sia opportuno valutare la persona in quanto tale ma il professionista che mette le proprie capacità e conoscenze a servizio di un progetto e in questo senso la valutazione dovrebbe contrarsi proprio sulle professionalità dei soggetti e sulle performance ottenute.

Il primo passo che ritengo sia utile fare è valutare la coerenza negli investimenti da parte del team di gestione: sotto il cappello “fondi chiusi”, infatti, possiamo trovare molte e diverse asset class e, all’interno di queste, le sottocategorie possono essere le più varie. Sarebbe opportuno che il fondo pensione, una volta che abbia definito chiaramente il proprio obiettivo di investimento, scelga i gestori specializzati in quel segmento, spesso nicchia, di mercato; l’attività di investimento nel mercato privato, infatti, è profondamente diversa da quella richiesta sul mercato listed e altrettanto lo sono le professionalità da ricercare.

In questo senso è importante valutare il tipo di operazioni e di intervento che i membri del team hanno fatto nel passato, anche se non necessariamente nella SGR nella quale lavorano attualmente, e confrontarli con la value proposition che propongono ai sottoscrittori attraverso il fondo in fase di fund raising. Per continuare nell’esempio precedente, mi aspetto che un fondo di buy-out venga gestito da soggetti che hanno nel proprio bagaglio molte operazioni di questo tipo e che, grazie a ciò, abbiano sviluppato un’esperienza specifica sul tema. Esperienza che si declina anche nella conoscenza delle possibili aziende target e che, viceversa, permetta ai manager di essere ben conosciuti dalle stesse: un effetto, questo, che permette ai gestori di essere più attivi nella prima fase di investimento del fondo in quanto non saranno occupati da attività di marketing nel territorio propedeutiche alla conoscenza preliminare del tessuto economico/produttivo nel quale si prefiggono di operare.

Coerenza da ricercare nel tipo di operazioni ma, tema altrettanto importante, anche nella dimensione delle società nella quali il team abbia l’obiettivo di investire: le conoscenze necessarie per gestire un’azienda che supera il miliardo di fatturato sono profondamente diverse da quelle richieste per un’azienda che non raggiunge i 50 milioni. La valutazione degli aspetti sopra richiamati è, quindi, un primo punto di partenza nella valutazione dei manager che, nell’ottica di un fondo pensione, permette di diminuire il rischio dell’investimento: affidandomi a persone che hanno maturato conoscenze specifiche in quel settore non mi espongo al rischio di selezionare un team di gestione inesperto.

Attenzione che coerenza non significa ripetitività: penso sia fisiologico, quasi necessario, che i manager si discostino da quanto fatto in passato anche alla ricerca di stimoli e spazi di mercato nuovi ma questo percorso deve essere fatto con la necessaria gradualità senza strappi eccessivi. È bene ci sia una sorta di “acclimatamento” ad ogni passo fatto così che le professionalità possano crescere e si adeguino al nuovo ambiente.

E nei casi in cui la coerenza non può essere valutata? Come può un fondo pensione valutare i cosiddetti first-time-fund e first-time-team? Questi sono, a tutti gli effetti casi particolari, che meritano un approfondimento separato nella prossima occasione.

 

 

*Cfo di un fondo pensione negoziale

Questo articolo fa parte del blog “Serve del catch up”, leggilo qui.

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