Private debt: cresce il numero di operazioni anche nel primo semestre
Tiene, nonostante tutto. Il mercato del private debt in Italia, e nel resto del mondo, si dimostra resiliente alla crisi innescata dalla pandemia e ovunque registra numeri in crescita anche nel primo semestre 2002. Così è pure nel nostro Paese, come rileva l’associazione di settore Aifi nell’ultimo report realizzato in collaborazione con Deloitte.
Le operazioni
Nel dettaglio, nel primo semestre del 2020 gli operatori di private debt – cioè quelli attivi nella sottoscrizione di emissioni da imprese non quotate e/o in finanziamenti diretti o ibridi in operazioni di acquisition financing – hanno investito 423 milioni di euro, il 21% in meno rispetto al primo semestre del 2019, ma per un numero di sottoscrizioni maggiore, pari a 138 (+34%) distribuite su 96 target (+22%). Non a caso il 54% delle società oggetto dell’operazione sono piccole e medie imprese, il che rende lo strumento particolarmente indicato per un Paese come l’Italia.
Complessivamente, il 59% delle operazioni sono state finanziamenti, mentre il 40% sottoscrizioni di obbligazioni e l’1% ha riguardato strumenti ibridi. Per quanto riguarda le caratteristiche delle operazioni, la durata media è di 4 anni e 10 mesi mentre sulle dimensioni delle sottoscrizioni, il 97% dei casi ha riguardato operazioni con un taglio medio inferiore ai 10 milioni di euro. Il tasso d’interesse medio è stato pari al 3,8%. Riguardo ai settori, al primo posto con il 27% degli investimenti, troviamo i beni e servizi industriali, seguono, a pari merito, Ict e manifatturiero-alimentare, con il 16%. A livello di dimensione delle aziende target, il 54% degli investimenti ha riguardato imprese con meno di 50 milioni di fatturato.

Escludendo le piattaforme di lending, il 56% dell’ammontare è stato investito da soggetti domestici, che hanno realizzato il 91% del numero di operazioni. L’Aifi ha poi rilevato una concentrazione nel numero degli operatori: in pochi fanno tanti deal di taglio più piccolo, mentre i più grandi fanno deal di dimensione più ampia ma in numero minore. In particolare, due operatori hanno fatto il 70% del mercato. Nel complesso sono stati 19 gli operatori attivi nel primo semestre, di cui 16 hanno investito. Gli altri tre hanno tre fatto fundrasing raccogliendo sul mercato 195 milioni di euro, in crescita del 10% rispetto ai 178 del primo semestre 2019. Per la prima volta attività di raccolta internazionale significativa, con una componente estera pari al 51%.
Quanto ai rimborsi, nel primo semestre 2020 questi sono stati 118 rimborsi per un ammontare pari a 191 milioni di euro. L’89% del numero di rimborsi ha seguito il piano di ammortamento. Con riferimento all’investimento originario, il 72% dei rimborsi ha riguardato lo strumento dell’obbligazione.
Ma cosa si aspettato gli operatori del settore per i prossimi mesi? Stando alla ricerca, il 79% di loro è al momento impegnato nella negoziazione dei covenant, mentre il 37% sta allungando la scadenza dei rimborsi. Su quali attività si concentreranno in futuro? Innanzitutto gestione del portafoglio (79%) e una larga maggioranza – il 68% – nell’attività di fundrasing oltre alla ricerca di nuovi investimenti. Un segnale positivo che fa sperare in un po’ di movimento sul mercato anche per il 2021. Se non altro, l’ottimismo c’è: almeno la metà dei fondi intervistati ritiene che ci sarà nel complesso un’incremento dell’attività nei prossimi mesi (47%).
L’attività all’estero
Nel mondo, il mercato conta 800 miliardi di euro asset under management ed è soprattutto il mercato dominante, quando si parla di lending. Negli Usa, gli operatori alternativi alle banche hanno rappresentato, nel periodo 2009-2017, l’84% del mercato dei leveraged loans che vale 577 miliardi di euro, in crescita dal 76% del periodo che va dal 2003 al 2008. In Europa il mercato (circa 200 miliardi) non è ancora così consolidato ma è in crescita: rappresenta oltre la metà dei prestiti a leva (53%) nel periodo 2009-2017 in forte crescita dal 36% del periodo 2003-2008.
Nel Vecchio Continente, il numero di operazioni nel primo trimestre è stato pari a 92 (dalle 82 del primo trimestre 2019) per poi scendere a 48.