Lanzavecchia (Alpha): «Prossimo deal? Nell’industriale»
«Il 2020 è stato un bell’anno. Sfidante. Con un grosso portafoglio, quando arriva quello che è arrivato la prima cosa che fai è cercare di mettere le aziende in sicurezza. Viaggiavamo al buio. Non sapevamo cosa ci aspettava. Abbiamo cercato di far si che i manager delle partecipate tirassero su cassa, avessero liquidità e tagliassero i costi dove possibile. Poi sono stati molto veloci a tornare in modalità risk-on appena si è capito che le cose sarebbero presto tornate alla normalità». Edoardo Lanzavecchia arriva nella sala riunioni, tutta vetro, della sede di Alpha private equity a due passi dalla Scala di Milano sfoderando un bel sorriso. Camicia di lino. Blue jeans. «Ho fatto anche il vaccino», ci confida, durante i convenevoli che precedono l’intervista.
MAG lo incontra per capire che momento è quello che stiamo attraversando per il private equity. Lanzavecchia è uno dei più navigati protagonisti del settore.
Un mese fa Alpha ha completato l’exit da Gruppo Savio (operazione in cui è stata seguita da Rothschild & Co, Pedersoli e Deloitte), ceduta ai belgi di Vandewiele, attivi nella costruzione e installazione di macchinari per l’industria tessile. Mentre adesso, con l’assistenza di Mediobanca, è stato avviato il processo di vendita del 62% di Remazel Engineering: un deal da circa 200 milioni di euro.
Nel frattempo, la società è tornata a investire sull’Italia. E lo scorso 13 maggio ha ufficializzato l’arrivo di un nuovo director, Livio Zanotelli (ex Deutsche Beteiligungs), nella sede di Milano.
A consuntivo che risultati ha avuto Alpha Private Equity?
Nel suo totale, Alpha ha avuto un 2020 che come Ebitda è stato uguale se non addirittura leggermente superiore al 2019. E abbiamo ripagato anche molto debito. Il portafoglio è uscito dal 2020 con un valore superiore rispetto a quando c’è entrato.
E questo 2021?
È partito con il turbo. Noi abbiamo parecchie partecipate che lavorano per la “casa”. Da Calligaris (mobili) a Laminam (lastre), passando per Focal Naïm (lusso/audio). E questo è un settore che ha avuto un anno pazzesco. Ma in generale, tutto ciò che è relativo all’industria sta andando molto bene. In Italia e all’estero.
Cosa caratterizza le vostre partecipate?
Che siano basate in Italia o in Francia o in Germania, noi prendiamo aziende globali, ovvero con un raggio d’azione globale. E devo dire che noi vediamo crescita dappertutto. Per cui, dal nostro osservatorio, posso dire che il momento contingente è molto buono.
E adesso cosa state guardando?
Nell’ultimo fondo (VII) non abbiamo industriali. Ma questo è il momento di puntare sulle aziende industriali che dopo la botta del Covid-19 hanno bisogno di capitali per ripartire. Ci sono grosse opportunità.
Quanto budget avete?
Il fondo VII ha ancora il 25% della sua disponibilità da investire.
I deal potrebbero già vedere la luce quest’anno. Ci può fare il nome dei target individuati?
Potrei ma no (ride). Chiaramente abbiamo già individuato dei dossier interessanti. Ma è ancora presto per parlarne. Comunque se tutto va bene potremmo annunciare qualcosa già quest’anno.
Oltre all’industriale quali sono gli atri settori in cui siete presenti?
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