Aifi: private equity, nel primo semestre 2020 boom di raccolta

Cresce la raccolta di private equity e venture capital nel primo semestre 2020, nonostante la pandemia da Covid-19, mentre calano gli investimenti – il cui numero racconta un mercato italiano sempre più polarizzato – e soprattutto i disinvestimenti. La fotografia scattata da Aifi, l’associazione degli operatori di private capital, in collaborazione con PwC Deals rispecchia un mercato tutto sommato resiliente alla situazione che stiamo vivendo, in cui le operazioni sono comunque andate avanti, in linea con l’andamento internazionale.

 

Raccolta a +121%
Nel dettaglio, è la raccolta a sorprendere: quella complessiva (sul mercato e captive, cioè proveniente dalla casa madre) è stata pari a 960 milioni di euro, in aumento del 121% rispetto al primo semestre del 2019, realizzata da 14 operatori che nel periodo di riferimento hanno realizzato un closing. Le fonti principali della raccolta sono state in primis le assicurazioni al 43%, in particolare Ania che ha lanciato il Fondo Infrastrutture Italia, i fondi pensione e casse di previdenza, che hanno contribuito per il 18%, e il settore pubblico e fondi istituzionali al 16%.

A livello geografico, il 94% dei capitali è provenuto da investitori domestici, mentre con riferimento al target di investimento, si prevede di investire il 40% dei capitali in infrastrutture.

Soffrono gli investimenti
Calano invece gli investimenti, il che non sorprende considerando il periodo di riferimento. In particolare l’ammontare investito è stato pari a 1,9 miliardi di euro, in calo del 25% rispetto ai 2,5 miliardi del primo semestre 2019, mentre il numero di operazioni si è attestato a 125, anch’esso in diminuzione del 25%. Aspetto interessante è quello relativo agli operatori. Il 78% dell’ammontare investito è stato realizzato da due fondi internazionali, che si configurano come i principali attori dei big e mega deals, mentre l’80% del volume delle operazioni, cioè cento deal su 125, è stato realizzato da realtà italiane, specializzate e focalizzate sulle mid-cap. Non a caso, l’89% degli investimenti sono stati realizzati con imprese con un fatturato inferiore ai 50 milioni (rispetto al 77% del primo semestre 2019).

Quanto alla tipologia di operazioni, il segmento dell’early stage (investimenti in imprese nella prima fase di ciclo di vita, seed, startup, later stage) è diminuito del 31% in ammontare (71 milioni di euro) e aumentato dell’11% per numero di operazioni, 80. Il buyout (acquisizioni di quote di maggioranza o totalitarie) ha registrato un aumento del 2% per ammontare, 1,6 miliardi, grazie anche al contributo di 2 operazioni di dimensioni significative, e una diminuzione del 61% per numero, pari a 23. L’expansion (investimenti di minoranza in aumento di capitale finalizzati alla crescita dell’azienda) ha attratto 31 milioni di euro, -89%, mentre il numero di operazioni è diminuito del 33% a 14. Per quanto riguarda le infrastrutture, gli investimenti sono stati pari a 177 milioni di euro, -57% rispetto al primo semestre 2019, distribuite su sette operazioni. Il comparto venture capital, nello specifico, ha realizzato 80 deal per 71 milioni.

“Il primo semestre dell’anno, colpito dall’emergenza Covid-19, non ha inficiato l’attività dei fondi di private equity che segna crescite importanti nella raccolta e un rallentamento negli investimenti dovuto allo slittamento di alcune operazioni”, ha commentato Innocenzo Cipolletta, presidente AIFI. “Il closing di tali deal importanti – ha aggiunto – sono stati realizzati subito dopo l’estate quindi ci aspettiamo una chiusura d’anno all’insegna della positività”.

Disinvestimenti difficili
Nel corso del primo semestre del 2020 sono stati realizzati 30 disinvestimenti, in calo del 55% rispetto al primo semestre 2019, quando erano 66. L’ammontare disinvestito, calcolato al costo storico di acquisto, si è attestato a 395 milioni di euro, contro gli 886 milioni del primo semestre del 2019 (-55%). Nella distribuzione dei disinvestimenti per tipologia, nel primo semestre ha prevalso la vendita a soggetti industriali, 12, pari al 40% del numero totale, mentre nell’ammontare ha prevalso la vendita ad un altro operatore di private equity con il 71% del totale pari a 280 milioni di euro.

Per la fine dell’anno prevale l’ottimismo. Non solo perché molti deal firmati nel primo semestre si chiuderanno nel secondo, dando quindi una spinta alle statistiche, ma anche perché c’è fermento e molti player stanno andando avanti con le negoziazioni. Questo nonostante gli operatori del private capital siano sfiduciati riguardo al futuro economico del nostro Paese. Sempre Aifi ha rilevato che per il 47% dei private equity intervistati dall’associazione la contrazione del Pil per quest’anno sarà superiore al 10% – oltre quindi le previsioni del ministero dell’Economia – mentre il rimbalzo, per il 40% di loro, non avverrà prima del 2022.

 

Noemi

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