JLL punta ancora sull’Italia e guarda agli npls

Quando si è un colosso del settore, mantenere il posizionamento e allo stesso tempo trovare nuovi spazi per crescere in un determinato Paese non è mai facile. E se il settore è complesso e competitivo come il real estate e l’ambito è la consulenza, allora serve una strategia chiara. Quella per l’Italia di JLL, la società di servizi immobiliari integrati nata in Francia e presente in 80 Paesi, lo è e si basa su due pilastri. Il primo è la diversificazione, con l’apertura al mercato dei non performing loans attraverso l’implementazione di una piattaforma per la classificazione dei crediti, e a nuovi segmenti come il living. Il secondo è l’osservazione dei trend che caratterizzeranno il mercato nel prossimo futuro.

«L’obiettivo di JLL Italia è di creare una nostra identità che possa essere declinata anche negli altri Paesi in cui operiamo, – spiega in questa intervista Pierre Marin (nella foto), da 18 anni ceo di JLL Italia – non miriamo a essere i più grandi ma a essere leader nei settori chiave per i nostri clienti». Tenendo sempre ben presente l’evoluzione del mercato.

Quello italiano per Marin seguirà quattro direttrici: l’aumento della liquidità, l’outsourcing dei servizi immobiliari da parte delle grandi aziende, la tecnologia e la crescita delle grandi città. «Milano è un esempio», dice. E ha grandi potenzialità, anche in vista dei giochi olimpici del 2026. «Ci auspichiamo che questa sia l’opportunità per Milano di programmare e progettare l’evento in tutte le sue fasi con l’obiettivo di trarre il maggior beneficio possibile per la città e per il Paese», commenta.

Nell’ultimo anno, il gruppo in Italia ha seguito con il team sul capital markets operazioni per un valore di 1,8 miliardi di euro, in crescita del 16% rispetto all’anno precedente e pari al 22% della quota di mercato per le asset class core, cioè office, retail e logistica. L’Italia, spiega Marin, pesa circa il 10% dell’attività complessiva in Europa e, negli anni, ha rafforzato il proprio peso anche all’interno dell’attività globale di JLL, che nel 2018 ha fatturato complessivamente 6,4 miliardi di euro. Fra le ultime operazioni seguite sul territorio italiano, spicca il ruolo primario nell’operazione di Citylife, a Milano, con la locazione dell’intera torre a PwC .

JLL inoltre, sempre a Milano, ha seguito l’acquisizione per 50 milioni di euro, da parte di Bnp Paribas Reim, di un immobile direzionale in via Agnello, ceduto da Aedes e ha seguito la cessione, per conto del venditore, di un complesso in via Darwin, sede dell’istituto Naba, per 102 milioni di euro. Nella zona di Roma, invece, la società, per conto di un fondo inglese, ha seguito la vendita, a un fondo coreano, di una piattaforma logistica situata a Passo Corese (Rieti) e locata ad Amazon. «Un’operazione del valore di 118 milioni di euro tra transazione e rendimenti, che sono stati pari al 5,1%, e che rappresentano ad oggi un valore record per il settore della logistica», spiega.

Dott. Marin, da quanto tempo siete in Italia?
JLL è in Italia da quasi 30 anni, inizialmente con una presenza ridotta che poi è andata crescendo a partire dal 2000, con la creazione, all’interno del gruppo, di un cluster Sud – Europa che comprende oltre all’Italia anche la Francia, la Spagna e il Portogallo. Siamo partiti con 20 persone e oggi nei nostri uffici, tra Milano e Roma, ne lavorano oltre 200.

Quale è il vostro business model?
Ci posizioniamo a monte del processo fornendo consulenza strategica a tutto tondo, dall’affiancamento nel processo di vendita dei fabbricati, all’advisory per la valutazione degli immobili per fondi e banche, fino ai servizi tecnici come ad esempio la technical due diligence. Inoltre svolgiamo anche attività di investimento. Nel complesso ci rivolgiamo sia agli investitori e ai promotori dei progetti, sia all’utilizzatore finale, assistendolo durante le fasi della locazione.

Come è cambiato il mercato italiano in questi anni?
Moltissimo, soprattutto per la grande spinta arrivata dagli investitori stranieri. Tuttavia, se escludiamo la città di Milano, il Paese non ha ancora sfruttato tutte le opportunità di trasformazione immobiliare. Ci aspettavamo un boom che però non c’è stato.

Oggi invece quale è la situazione? Il sentiment generale è che ci sia molta liquidità ma una scarsità di offerta…
Confermo, c’è una scarsa offerta di prodotti di qualità. A oggi il rapporto esistente tra la liquidità disponibile rispetto al prodotto di qualità è di quattro a uno. Ciò genera rendimenti bassi ed è un problema anche per gli eventuali utilizzatori. Inoltre, il mercato si sta stabilizzando, anche per via delle tensioni politiche e delle incertezze degli ultimi periodi. A tutto questo va aggiunto un tema Paese: Milano è il cuore dello sviluppo immobiliare, ma rischia di essere anche limitante per il mercato nel suo complesso.

Come commenta l’assegnazione delle Olimpiadi invernali 2026 a Milano-Cortina?
È una grande soddisfazione e segna un passo importante per tutto il nostro Paese. Un evento internazionale e di larga scala come questo crea opportunità importanti per accelerare il processo di trasformazione della città di Milano, già avviato con l’Expo 2015, attraverso la creazione di infrastrutture innovative e lo sviluppo di progetti di riqualificazione urbana. Oggi la competitività dei paesi passa attraverso la competitività delle loro città, dalla loro capacità di attrarre talenti e innovare. Un evento come le Olimpiadi siamo certi offrirà le basi necessari per rendere Milano ancora più competitiva all’interno di un contesto sfidante come quello europeo.

Attualmente di quali asset class vi occupate?
Le principali sono gli uffici, soprattutto a Milano e Roma, la logistica, in particolare nel triangolo Torino, Venezia, Bologna, e il retail, da high street ai centri commerciali fino al retail park. La nostra strategia di sviluppo in Italia si concentra su questi settori, in particolare con la volontà di
consolidare i nostri core business, ma stiamo lavorando anche sulla diversificazione. In particolare, intendiamo puntare sul living, cioè senior e student housing, e i non performing loans.

Come?
Stiamo lavorando allo sviluppo anche in Italia di una piattaforma nata in Spagna circa cinque anni fa con l’intenzione di aiutare le banche e gli acquirenti a valutare portafogli di asset distressed e quindi di fornire loro supporto nell’underwriting del portafoglio e nella realizzazione di cluster definiti per cedere pacchetti al mercato. Qui l’elemento di distinzione, su cui stiamo lavorando, è la forte componente tecnologica e in particolare l’utilizzo dei Big Data.

Siete già a lavoro su dei progetti?
Abbiamo già concluso alcune operazioni e abbiamo una pipeline che è consistente.

Che obiettivo di posizionamento avete?
L’obiettivo di JLL Italia è di creare una nostra identità che possa essere declinata anche negli altri paesi in cui operiamo, a seconda di quelli che sono i trend che impatteranno il mercato nei prossimi anni.

Quali sono quelli del mercato italiano?
Ne abbiamo identificati quattro, il primo è quello dell’aumento della liquidità disponibile, proveniente soprattutto dall’Asia. Bisognerà vedere chi sarà in grado di attirare questi flussi. L’Italia non è ben posizionata perché ha un mercato molto frammentato e i volumi sono forse ancora troppo ridotti per questo tipo di investitori. La seconda è l’outsourcing dei servizi immobiliari da parte dei corporate. Oggi l’80% dell’attività immobiliare da parte delle grandi aziende è gestita in house ma la volontà da parte della Amazon o della Microsoft di turno è quella di esternalizzare questo compito per una serie di ragioni che vanno dalla maggiore valorizzazione dei loro immobili all’evoluzione del mercato fino all’ottimizzazione dei costi.

Quali sono le altre due tendenze che avete osservato?
La terza riguarda lo sviluppo delle grandi città…

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