L’Abc della due diligence per gli investimenti illiquidi

di nicola barbiero*

Abbiamo visto l’approccio che gli investitori istituzionali internazionali sono soliti adottare quando affrontano il tema degli investimenti illiquidi. Ora rientriamo nel nostro Paese e vediamo di “tirarci su le maniche”, come si è soliti dire, per calarci operativamente nella analisi per la selezione di un fondo di investimento.

Con gli ultimi due articoli, grazie all’aiuto di Marco Danesin, abbiamo respirato l’aria proveniente da oltre le Alpi: in una prima fase si sono condivise le modalità con cui i fondi pensione internazionali approcciano il tema dei mercati illiquidi e, in seconda battuta (grazie a una bella chiacchierata nel periodo pasquale) le problematiche che gli stessi hanno dovuto affrontare nello sviluppo del loro percorso, non sempre in discesa.

Oggi rientriamo all’interno dei confini nazionali e riprendiamo il tema, lasciato colpevolmente in sospeso, della due diligence; un processo di analisi che abbiamo visto essere strutturato per passaggi successivi e che, in parte, abbiamo iniziato ad approfondire cominciando da quella che abbiamo individuato come “due diligence legale”.

Si trattava dalla vera e propria verifica puntuale dei documenti legali, un passaggio strettamente indispensabile per capire “le regole del gioco” previste dai manager e scegliere se all’investitore piacciano o meno così da decidere se prenderne parte. Ora iniziamo ad approfondire il secondo passaggio scendendo nei particolari della due diligence operativa al termine della quale si dovrebbero riuscire ad acquisire tutti i dati e le informazioni necessarie da sottoporre all’organo decisore, nei casi dei fondi pensione sarà il consiglio di amministrazione, affinché valuti l’opportunità di sottoscrivere l’impegno e l’ammontare dello stesso. All’interno di questa fase possiamo individuare:

  • l’organizzazione delle selezione;
  • la valutazione dei gestori;
  • la definizione degli aspetti economici

Troppo spesso l’attenzione ricade solo sull’ultimo aspetto, richiedendo al gestore un ridimensionamento delle commissioni applicate così da diminuire il costo dello strumento. Questo passaggio dovrebbe avvenire solo al termine della due diligence e, in ogni caso, in situazioni molto particolari che avremo modo di vedere in seguito.

Su questo tema abbiamo, oggi, il piacere di ospitare il Marco Di Miceli, Partner di Sequitur Capital. Marco ha maturato una forte e consolidata esperienza come manager di alcuni tra i principali fondi di private equity in Italia; proprio in questo senso, grazie alle innumerevoli due diligence che ha dovuto affrontare, ci potrà essere di supporto per individuare i temi principali che un investitore, sia esso di grandi o piccole dimensioni, non dovrebbe mai dimenticare di analizzare. In altre parole l’ABC, in pillole, della due diligence su un fondo chiuso.

“La due diligence svolta da un fondo pensione sui gestori di fondi chiusi”, evidenzia Marco, “è un processo simile, mutatis mutandis, a quello che i team di gestione svolgono a loro volta sulle aziende target, con il non trascurabile vantaggio che, di norma, il business del gestore è parecchio più semplice di quello di un’azienda. Questa, però, è un’arma a doppio taglio per gli attori coinvolti, perché ne deriva che ci sono poche leve disponibili per differenziarsi dalla concorrenza. In merito all’organizzazione della selezione è auspicabile che ab origine il fondo pensione abbia una chiara politica di portafoglio, e quindi la diversificazione che intende perseguire, in modo da identificare i cluster di gestori – per prodotto, area geografica, dimensione, specializzazione settoriale, ecc. – sui quali operare la selezione.

Completato questo primo step si passa alla valutazione del singolo gestore e qui il rischio è che alla ricerca di un extra-rendimento (il c.d. “alfa”) il gestore del fondo pensione prenda decisioni figlie più di stereotipi o dell’abitudine che di un vero processo di selezione, acquistando di fatto il rendimento di mercato (“beta”).”

Infine, un’ultima battuta sugli aspetti economici: “la definizione degli aspetti economici, per quanto importante, non è l’aspetto prevalente; la chiave, come evidenziato da Marco Danesin in un articolo passato, sta nel trovare un allineamento d’interessi, più che in una sterile negoziazione volta esclusivamente a ottenere uno sconto sulle commissioni di gestione”.

Organizzazione della selezione, attenzione ai veri elementi di criticità e verifica della presenza di un effettivo e costante allineamento di interessi: ecco i punti chiave per la definizione di un processo di due diligence. Nella prossima occasione vedremo, nel dettaglio, come ogni aspetto si vada a declinare operativamente.

 

*Cfo di un fondo pensione negoziale

Questo articolo fa parte del blog “Serve del catch up”, leggilo qui.

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