Landi «Il debt capital market supererà le aspettative»

Lo sviluppo del mercato del private debt è «molto positivo e soddisfacente» e probabilmente, se guardiamo ai volumi, è destinato a «superare le previsioni». Giovanni Landi (nella foto), senior partner di Anthilia Capital Partners, ne è convinto: «Vedo progetti belli ma soprattutto imprese di piccole e medie dimensioni che sono disposte a imparare e a esprimere la loro capacità di competizione anche sui mercati», spiega in questa intervista a MAG.

Tuttavia non basta. Da parte degli operatori specializzati, «che hanno in mano il futuro di questo mercato», occorre portare avanti una maggiore attività di education nei confronti delle aziende che «soffrono ancora di un nanismo altamente penalizzante», soprattutto per quanto riguarda le possibilità di reperire fondi da investitori specializzati, e sono ancora troppo spesso distanti anni luce dal mondo della finanza: «Dobbiamo far conoscere le nostre eccellenze, portarle sul mercato dei capitali e mostrarle ai potenziali investitori, ma prima occorre informare e coinvolgere maggiormente le imprese anche con il contributo delle associazioni di categoria».

Con Anthilia Capital Partners sgr, realtà indipendente attiva dal 2008 e dedicata all’asset management, Landi e gli altri partners Andrea Cuturi, Marco Capolino, Paolo Rizzo, Massimiliano Orioli, Lucio Cuppini, Markus Ratzinger, Daniele Colantonio e Giuseppe Sersale, gestiscono due fondi specializzati nel settore. Si tratta di Anthilia BIT, lanciato nel 2013 e dedicato ai minibond e Anthilia BIT Parallel Fund, sottoscritto dal Fondo Italiano d’Investimento e creato per finanziare progetti di sviluppo a medio termine delle pmi e insieme hanno una disponibilità totale pari a 212 milioni. La società ha inoltre portato avanti investimenti totali pari a 70,45 milioni di euro.

In portafoglio, Anthilia possiede, fra gli altri, i minibond di Geodata da 6 milioni, quello da 8 milioni di Coleman e quello delle Cartiere Villa Langarina da 5 milioni. Assieme a loro i più attivi sono i fondi gestiti da Duemme sgr (89,4 mln), PensPlan sgr (55,7 mln), Finint Investments sgr (49,4 mln e 35,5 mln) e Pioneer IM sgr (31,7 mln). Sono cifre che dimostrano come questo mercato, che è «di per sé giovane», aggiunge Landi, abbia grandi spazi di crescita.

«L’idea stessa che possa nascere e crescere un nuovo mercato e raggiungere queste dimensioni è molto positiva».

Perché, dottor Landi? Perché significa che ci sono nuove e interessanti opportunità di business. Quella che viviamo è una fase di transizione molto significativa, è in corso un cambiamento forte del modello finanziario italiano perché il sistema bancario, che nel nostro Paese ha storicamente il monopolio del credito, oggi non è più in grado di reggere la richiesta, sia per una questione di modello di banca in sé sia per ragioni regolamentari. Ma le fasi di transizione hanno sempre sviluppato la crescita di mercati interessanti, si pensi ai titoli di stato negli anni ’90.

Quindi questo mercato è frutto di un’esigenza dettata dall’impossibilità delle banche di erogare credito? All’inizio, quando è partito nel 2011-12, sì perché nato da un combinato disposto di diversi elementi. Oggi invece sta assumendo una connotazione più strategica.

Cosa ha contribuito a questo sviluppo così marcato? Una grande spinta è arrivata a livello di alti funzionari pubblici. Il governo ha infatti posto le condizioni di accesso al mercato di capitali alle piccole e medie imprese attraverso i vari decreti (Crescita e Destinazione Italia, ndr) che hanno messo sullo stesso piano, sul mercato dei capitali, le pmi e le grandi imprese, in particolare a livello fiscale.

E ciò cosa ha comportato? La leva fiscale è un volano molto forte sulle medie imprese, direi che ha un fascino esoterico, e questo le rende più aperte e disponibili verso l’uso di questi strumenti. Ciò implica una maggiore consapevolezza da parte di un segmento che rappresenta la spina dorsale del Paese, nonostante il nanismo che ancora imperversa sul nostro sistema imprenditoriale. Un tempo si diceva piccolo e bello ma in realtà è un concetto sbagliato.

Perché?
Perché sei piccolo e bello se hai un piano strategico definito, un prodotto competitivo sul mercato, un buyout sulla governance e un imprenditorialità di alto livello. Se invece il sistema imprenditoriale è disorganizzato, le politiche di bilancio sono discrezionali e il rapporto con la finanza è praticamente inesistente, allora la dimensione è solo un limite.

Come fare per aumentare i volumi di questo mercato?
Molto è nelle mani dei fondi e degli operatori del settore. Il nostro è un ruolo importante, in termini di scommessa su questo mercato, ma non solo.

Cos’altro?
Bisognerebbe portare avanti un piano di education alle imprese sfruttando i vantaggi a livello fiscale…

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