L’export italiano crescerà del 3,2%, ma la volatilità lo frena
Food, moda e tessile. Saranno questi i settori che stando all’ultimo Rapporto sull’Export “Re-action. Export calling- 2016-2019” di Sace traineranno le esportazioni del made in Italy nel prossimo triennio, per un’impulso tra il 4 e il 5,2% all’anno.
Ma non solo. La meccanica strumentale è un settore un grande ascesa e secondo il report le vendite fuori confine, in particolare in Europa, India e Usa, saliranno a un ritmo medio del 4,3% su un mercato mondiale che vale 1.600 miliardi.
A livello generale, l’export di beni italiani crescerà del 3,2% nel 2016. Sarà un ritmo più lento rispetto al 2015 (+3,8%) a causa delle dinamiche finanziarie e valutarie, del ciclo delle materie prime, del rallentamento degli emergenti, degli accresciuti rischi politici. Faremo meglio negli anni successivi (+3,8% nel 2017, +3,9% nel 2018), fino a superare il 4% nel 2019: dai 414 miliardi di euro del 2015 raggiungeremo i 480 miliardi nel 2019.
I Paesi dove la domanda di beni italiani crescerà di più sono Emirati Arabi Uniti, Filippine, India, Messico, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti. Zone dove le pmi del nostro paese sono spesso aziende molto attive in nicchie di mercato anche se sono poche: le medie imprese internazionalizzate rappresentano solo il 29%, contro il 50% di altri Paesi.
In questo contesto, Sace, che ha di recente rinnovato i vertici nominando Alessandro Decio nuovo amministratore delegato, è quello di porsi come partner per le aziende interessate a espandersi all’estero. Il gruppo ha un portafoglio di operazioni assicurate di 81 miliardi. Con il nuovo piano, inoltre, il gruppo Cassa depositi e presiti metterà a disposizione delle imprese 63 miliardi per l’internazionalizzazione entro il 2020.