Londra? Sarà la Singapore del Vecchio Continente
Più che una disgregazione dell’Europa, la Brexit rischia di sancire la fine dello stesso Regno Unito. Il Paese è infatti alle prese con i fronti indipendentisti provenienti dalla Scozia e dall’Irlanda del Nord e con una crisi politica senza precedenti.
Ma la vittoria del “Leave” rischia soprattutto di decretare la morte della City of London quale centro economico europeo riducendo la città di Londra a una sorta di “Atlantide” finanziaria. “Mito” della storia liberista e mercantile del 20esimo secolo, Londra, con la sua tradizione e la sua cultura, è diventata il simbolo della finanza europea, moderna e competitiva a livello internazionale. Oggi però, con l’uscita del Paese dall’Ue, la capitale britannica sembra destinata a perdere questo ruolo aggregatore per trasformarsi a «una Singapore o una Hong Kong del Vecchio Continente». A descrivere questo scenario, che diventa sempre più plausibile secondo gli addetti ai lavori, è Stefano Caselli (nella foto), prorettore agli Affari Internazionali dell’Università Bocconi di Milano. In questa intervista a MAG spiega anche che il modello della City non sembra essere «replicabile» in nessun’altra città europea e che molto probabilmente ci sarà uno «spezzatino» delle attività degli istituti finanziari per tutta la regione.
Il condizionale però è d’obbligo, perché, precisa Caselli, «ci troviamo in una situazione senza precedenti e gli scenari vanno costruiti giorno per giorno». L’unica cosa sicura – e ciò che di fatto spaventa di più gli operatori – «è paradossalmente l’incertezza» circa le conseguenze pratiche di questo divorzio, legate alle prossime decisioni a livello politico.
È questa insicurezza che «crea quei mal di pancia che rendono volatili i mercati e provocano tensioni», tanto che il day after Brexit delle Borse europee è stato peggiore di quello dopo il fallimento di Lehman Brothers nel 2008. Tuttavia Caselli frena gli allarmismi: «Ci sono differenze importanti rispetto alle crisi del 2001 e del 2007. Allora l’ondata speculativa ha colpito tutti i titoli indistintamente, compresi quelli di stato, che però stavolta sono coperti dall’ombrello della Bce. È per questo motivo che dopo la Brexit l’ondata speculativa si è scontrata con più forza contro i titoli azionari, in particolare in quei settori considerati più deboli come quello finanziario in Italia».
Professor Caselli, in tutta questa incertezza, quali sono i punti fermi?
Direi due. Il primo è che il Regno Unito dovrà uscire dall’Europa. Non ci sono alternative. Il tema è piuttosto il “quando”. Stando all’articolo 50 del Trattato di Lisbona, l’uscita di un Paese dall’Unione europea è negoziabile in due anni. Va da sé però che per evitare un effetto domino sugli altri Paesi dell’Unione le istituzioni europee hanno tutto l’interesse ad accelerare i tempi e risolvere la situazione il più in fretta possibile.
E il secondo?
Che Londra farà sicuramente di tutto per mantenere il suo ruolo di centro finanziario e di hub dei capitali del continente. Non credo però che ci riuscirà.
Perché?
Perché dal momento in cui la piazza londinese non è più espressione del mercato unico perderà quei flussi di capitali destinati all’Europa, anche perché non potrà più gestire le transazioni in euro. Inoltre Londra dovrà rinunciare ad alcune caratteristiche che la rendevano attraente per gli istituti finanziari e fanno di lei un centro rappresentativo come la presenza delle authorities europee di base a Londra che ora dovranno necessariamente trovare un’altra collocazione.
Cosa resterà della City?
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