Nuova soglia di investimento per i Fia, qualche riflessione

di silvia garino e dino abate*

Lo scorso 4 giugno il dipartimento del Tesoro del ministero dell’Economia e delle Finanze ha posto in consultazione pubblica alcune modifiche al decreto ministeriale n. 30/2015 intervenendo, in particolare, sulle soglie di ingresso nei fondi di investimento alternativi (i c.d. “FIA”) italiani riservati per la clientela retail.

Con la modifica, fortemente voluta dall’industria di riferimento, si intende ampliare la platea dei soggetti che possono sottoscrivere tali FIA agli investitori non professionali che investano un ticket minimo di 100mila euro – non frazionabile – purché l’investimento non superi il limite di concentrazione del 10% del portafoglio finanziario del cliente e avvenga nell’ambito della prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti.

La novità in parola potrebbe consentire di allargare il novero dei sottoscrittori retail di FIA riservati chiusi – prima limitato ai soli soggetti disposti a sottoscrivere l’ordinario ticket da 500mila euro – sia mediante il collocamento diretto da parte della SGR che gestisce il prodotto sia mediante la commercializzazione attraverso reti distributive bancarie terze.
La bozza di decreto ministeriale propone poi di estendere la possibilità di sottoscrivere le quote di tali strumenti finanziari – sempre nel limite di 100mila euro – anche ai soggetti abilitati che sottoscrivono ovvero acquistano le quote o azioni del FIA nell’ambito della prestazione del servizio di gestione di portafoglio, per conto di investitori non professionali.

In prospettiva la modifica prospettata ha una portata di assoluta rilevanza, consentendo di avvicinare significativamente gli investitori italiani agli strumenti alternativi, sia diretti che indiretti – in quest’ultimo caso anche mediante strutture di fondi di fondi o master-feeder che consentano di offrire al pubblico tanto opportunità made in Italy, quanto diversificazione e strategie internazionali; ciò senza snaturare la ratio di strumenti tipicamente illiquidi e che rientrano pur sempre nella definizione di fondi chiusi e riservati.

La bozza in consultazione riserva giustamente un particolare accento al tema della diversificazione del portafoglio del cliente, essendo senz’altro opportuno che nell’ambito di una allocazione di lungo periodo si tengano in considerazione tanto approcci multi asset, multi manager, che consentano di avvicinare in maniera organica i clienti agli investimenti in private capitals, quanto la selezione mirata di strategie peculiari che tali mercati possono riservare, in ottica opportunistica o all’opposto per cogliere trend di lungo periodo, contribuendo alla costruzione dei portafogli complessivi. Anche in quest’ottica non si può cogliere che favorevolmente una proposta di abbassamento della soglia di investimento per detti strumenti finanziari.

Occorre poi tenere presente che l’ordinamento riconosce sostanziali distinzioni tra i fondi chiusi riservati e non riservati: il regolamento sulla gestione collettiva del risparmio infatti detta rigorosi limiti in materia di concentrazione dei rischi solamente per i FIA non riservati mentre i FIA riservati sono soggetti a limiti assolutamente meno stringenti.
Peraltro, ed anche su questo aspetto si conviene con il testo in consultazione, una chiara distinzione tra uno e l’altro modello di FIA a tutela della clientela retail dovrebbe basarsi necessariamente su una distinzione oggettiva quale è il limite di investimento minimo. La necessità di mantenere il limite di 100.000 euro per investitore retail risulterebbe anche coerente con l’impalcatura generale, nazionale e comunitaria, dettata per i fondi di investimento alternativi riservati; diversamente qualora dovesse essere eliminato il limite di 100.000 euro per i retail parrebbe venire meno di fatto la categoria stessa di “fondo riservato”.

Oltre a quanto detto nel rispetto del testo in esame, in considerazione anche dei quesiti che vengono posti nell’ambito della consultazione, si individuano delle aree di miglioramento relativamente alla bozza in consultazione. Fra queste, il concetto di portafoglio investito potrebbe essere esteso agli asset in gestione detenuti anche presso altri intermediari italiani o esteri. In questo modo la valutazione di rilevanza dell’investimento verrebbe più correttamente inquadrata nelle complessive disponibilità detenute dal cliente, anziché in rapporto a quelle meramente detenute presso la SGR o il soggetto collocatore, favorendo quindi una visione olistica del cliente. Inoltre, vi è l’opportunità di circoscrivere l’obbligo di prestare il servizio di consulenza per collocare le quote dei FIA. Il mantenimento di un tale obbligo finirebbe nella sostanza per impedire alle SGR di collocare direttamente i propri FIA alla clientela retail che è disponibile a sottoscrivere ticket nella forbice tra i 100 e i 500mila euro e, conseguentemente, potrebbe creare un vantaggio competitivo nella distribuzione a favore delle reti bancarie terze le quali risulterebbero invece più strutturate per prestare il servizio di consulenza anche relativamente a tali prodotti.

Riprendendo l’ultimo punto evidenziato nell’elenco sopra riportato, la commercializzazione di FIA riservati chiusi direttamente da parte della SGR si concilierebbe a fatica con l’obbligo che tale collocamento, che sarebbe in tale caso accostabile piuttosto ad un classamento di strumenti di propria emissione, avvenga nell’ambito della prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti: infatti, molte delle SGR italiane, tipicamente di private equity, commercializzano esclusivamente uno o più dei FIA in gestione; in tali casi, pertanto, sicuramente il gestore, nella prestazione del servizio di consulenza non disporrebbe di una gamma di strumenti finanziari (oltre al fondo collocato) con cui raffrontare l’investimento, anche in un’ottica costi-benefici, né potrebbe sostenersi che la consulenza si basi su un’adeguata analisi del mercato delle varie tipologie di strumenti finanziari raccomandabili al cliente.
D’altra parte, non si rinviene nell’ordinamento un generale obbligo di prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti nel contesto del collocamento di OICR propri. Tuttavia, esiste già una norma speciale di emanazione comunitaria che impone analogamente la prestazione del servizio di consulenza per il collocamento dei fondi c.d. “ELTIF” ma in un contesto nel quale è possibile collocare tali prodotti a clientela retail con un ticket dieci volte più basso rispetto a quello proposto della bozza di decreto ministeriale oggi in consultazione ovvero 10.000 euro. Se si applicasse, come proposto nell’attuale testo di consultazione, il medesimo approccio previsto per gli ELTIF (i.e. limite di concentrazione del 10% e verifica di adeguatezza in abbinamento), si determinerebbe uno svantaggio competitivo proprio ai danni dei FIA diversi dagli ELTIF stante che questi ultimi potrebbero essere collocati con un limite di investimento di soli 10.000 euro.

Dunque, se si vuole permettere che l’innovazione in commento possa andare a vantaggio anche delle SGR che collocano direttamente il FIA in gestione oltre che delle reti di collocamento terze, potrebbe modificarsi la norma in consultazione nel senso di consentire che l’attività di classamento di FIA riservati “propri” avvenga nell’ambito di una verifica di appropriatezza rafforzata (i.e. verifica del limite di concentrazione del 10% del patrimonio investito dichiarato all’atto della sottoscrizione) senza dunque necessità che venga anche prestato in abbinamento il servizio di consulenza. Diversamente, ove si ritenesse di collocare egualmente il prodotto in deroga al limite del 10%, si potrebbe in quel caso procedere solo a condizione che l’operazione venga considerata “adeguata” e cioè abbia luogo nell’ambito della prestazione del servizio di consulenza.
In quest’ottica, de jure condendo, il limite di concentrazione del 10% e la prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti si porrebbero come presidi alternativi per il collocamento di FIA riservati alla clientela retail che si colloca, come ticket di ingresso, tra i 100 e i 500mila euro.

*Consigliere di Amministrazione di Fenera & Partners SGR e Partner di Atrigna & Partners – Studio Legale Associato

Noemi

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