Pmi, ricorso a finanza alternativa sale a 3 miliardi. Boom invoice trading

Cresce il ricorso delle piccole e medie imprese alla finanza alternativa al credito bancario. Sono quanto emerge dal secondo Quaderno di ricerca sulla finanza alternativa per le pmi in Italia, redatto dagli Osservatori Entrepreneurship&Finance della School of Management del Politecnico di Milano, presentato al primo Alt-Finance Day, organizzato dalla Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi, da luglio 2018 a giugno 2019 in Italia la finanza alternativa al credito bancario ha veicolato verso le pmi circa 3 miliardi di euro, contro 2,3 miliardi del periodo precedente.

Guardando alle tipologie di finanza alternative, private equity e venture capital, dopo alcuni mesi di difficoltà, hanno ripreso a trainare l’industria. Bene l’invoice trading, mentre la raccolta dei minibond ha registrato una contrazione. Buoni tassi di crescita per il crowdfunding, pur rimanendo ancora comparativamente piccolo. L’offerta di token digitali, spinta dalla tecnologia blockchain, è in attesa di una probabile regolamentazione.

Nel dettaglio, le pmi italiane emittenti di minibond fino al 30 giugno scorso sono state 279, 19 delle quali affacciatesi sul mercato per la prima volta nel primo semestre. Il controvalore collocato è stato di 756 milioni di euro, in contrazione rispetto agli 1,13 miliardi dell’anno precedente. Sono 369 le aziende italiane che hanno raccolto sulle piattaforme internet autorizzate, assicurandosi attraverso 261 campagne chiuse con successo un funding pari a 82,27 milioni; nei dodici mesi analizzati la raccolta è stata pari a 49 milioni, più del doppio del periodo precedente. Le piattaforme di lending hanno erogato a titolo di prestito 156,3 milioni; la raccolta nell’anno preso in esame è stata di 84,2 milioni (+88%). Le piattaforme di invoice trading italiane hanno mobilitato più di 1,5 miliardi, di cui 939,3 milioni nei dodici mesi considerati (+91%). A oggi sono poche le piccole e medie imprese italiane che hanno ottenuto un prestito diretto da fondi specializzati, per un importo di circa 30 milioni, di cui 8 milioni nel periodo preso in esame (il doppio rispetto al precedente). Per quanto riguarda private equity e venture capital, l’indagine considera i dati Aifi e le sole operazioni di early stage ed expansion, ipotizzando, “cosa non scontata”, che riguardino pmi; da luglio 2018 a giugno 2019 si è avuto un flusso di 331 milioni di euro per l’early stage (su 164 deal) e di 857 milioni per l’expansion (per 47 aziende), per un totale di 1,19 miliardi.

“Nuovi attori si affacciano sulla scena e c’è attenzione anche dal mondo della politica, interessata a far affluire risorse verso l’economia reale”, commenta Giancarlo Giudici (nella foto), estensore della ricerca e professore associato di finanza aziendale.

Giudici considera interessante la tendenza all’integrazione “fra i diversi segmenti della finanza alternativa. I player specializzati in singole filiere, ora – anche in risposta a evoluzioni graduali della normativa, che mirano a incrementare la competitività dell’ecosistema con nuovi canali di finanziamento – si propongono come attori globali, con soluzioni diversificate e mirate: piattaforme di equity crowdfunding collocano minibond, portali di invoice trading fanno anche operazioni di lending, business angel sono attivi nell’equity crowdfunding”.

Per quanto in crescita, il ricorso ai canali finanziari alternativi in Italia resta marginale. Secondo l’indagine annuale del Fondo europeo per gli investimenti (Fei), che misura la facilità di accesso al capitale per le pmi all’interno dell’Ue, l’Italia nel 2018 è scesa al diciannovesimo posto dal diciassettesimo dell’anno precedente, scavalcata da Estonia e Portogallo. Di conseguenza, le pmi italiane sono più vulnerabili dal punto di vista finanziario: secondo la Bce, il 7% delle aziende è a rischio, contro una media europea del 3%.

Noemi

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