Sicurezza, lungo periodo e redditività, i tre fari delle donne investitrici

In Italia le donne detengono il 10% della ricchezza privata totale, pari a circa il 35% del risparmio gestito dal private banking. Sono 60mila le italiane di “alto profilo”, cioè professioniste, imprenditrici, dirigenti con disponibilità finanziaria di almeno 250mila euro.

Aipb, associazione italiana private banking, e Candriam, hanno presentato lo studio, realizzato con Ipsos, “Il valore della donna investitrice: il contributo della consulenza finanziaria per superare gli stereotipi di genere”. L’obiettivo è riflettere sul ruolo delle donne che, in Italia, hanno ampie disponibilità finanziarie e occupano posizioni di rilievo nei sistemi sociali ed economico-finanziari del nostro Paese.

“In un mondo in cui le donne sono fortemente sottorappresentate in tutti i settori – ha affermato Paolo Langè presidente Aipb – a loro va ricondotto il 10% della ricchezza finanziaria privata del nostro Paese. Se si prende in considerazione il private banking, la percentuale sale al 35% dei circa 900 miliardi di euro gestiti dal settore, quota che risulta addirittura superiore a quella riconducibile al segmento dei clienti “imprenditori”, pari al 20% circa. Una cifra considerevole e sorprendente, che inserisce il private banking tra i settori chiamati a riflettere sulla questione femminile e su come proporre nuovi modelli consulenziali che includano competenza su tematiche trasversali e la capacità di offrire percorsi di lungo periodo per rispondere alle esigenze di un investitore competente, maturo, aperto al confronto, interessato a generare impatti virtuosi: la donna investitrice.

Una piramide, quella femminile che si assottiglia rispetto a quella degli uomini, già nei suoi strati più bassi: le donne occupate sono solo il 37% della popolazione femminile contro il 56% degli uomini, ponendo l’Italia tra i Paesi con un indice di parità di genere tra i più bassi in Europa. Le donne di “alto profilo” sono due volte su tre laureate, ben al di sopra delle medie nazionali, occupano ruoli di rilievo come imprenditrici, libere professioniste o dirigenti, si tratta di donne attive, impegnate, abituate a gestire responsabilità e complessità. Il 48% di queste siede all’interno di un consiglio di amministrazione, il 25% ha una carica a livello associativo. Una donna su cinque vive da sola, la maggior parte vive con un partner e ha dei figli.

Competenti e interessate alla gestione del denaro, più degli uomini di pari profilo (84% contro il 71% degli uomini), negli ultimi 12 mesi il 68% delle donne del campione dichiara di aver acquistato più volte un prodotto finanziario di investimento.
Lo stile decisionale delle donne di alto profilo è più pragmatico e maturo di quello degli uomini, caratterizzato dalla condivisione perché ritengono che quella condivisa sia una scelta migliorativa. Una donna su due prima di decidere si confronta, inoltre, con un partner o con un professionista.

Le donne mettono la sicurezza al primo posto con un peso del 50% contro il 18% attribuito dagli uomini. Al secondo posto viene il rendimento, con un punteggio del 20%: un’importanza simile a quella attribuita dagli uomini che lo pongono al primo con un punteggio del 25%.

Per le donne di “alto profilo” la sicurezza è un valore che si lega indissolubilmente alla progettualità sul futuro, all’esigenza di pianificare a lungo termine. Per questo motivo tendono ad allocare il 60% delle proprie risorse in progetti di medio-lungo termine e non dovrebbe sorprendere che solo il 4% esprime una propensione a tenere la propria liquidità ferma sul conto in un anno particolarmente critico come il 2020 (contro l’8% degli uomini).

Il 35% del campione intervistato sceglie prodotti che garantiscano il capitale, il 36% si esprime per l’investimento immobiliare, preferito solo dal 20% degli uomini. Emerge anche un 18% di investitrici impavide che, nonostante l’incertezza del momento, sanno ben guardare al lungo termine. Queste donne, che rappresentano la punta più evoluta di questo segmento, ritengono che l’adozione di strategie alternative possa dare nel lungo periodo performance soddisfacenti.

Una donna investitrice su due vorrebbe investire il proprio patrimonio in investimenti con impatti ESG o in economia reale: il 45% dichiara di voler diversificare, il 36% dichiara di voler contribuire attivamente al rilancio del Paese. Eppure, gli investimenti in economia reale restano sottorappresentati.

Il rapporto evidenzia come la consulenza finanziaria potrebbe liberare un maggiore potenziale, aiutando le donne investitrici a raggiungere meglio i propri obiettivi di lungo termine e di incidere di più sulla ripresa economica.

“Sono convinta che la disparità di genere costituisca uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile e alla crescita economica del Paese e che sia opportuno che l’associazione italiana di un’industria chiave per la gestione dei risparmi così fondamentale per il rilancio dell’economia si occupi del tema – ha aggiunto Antonella Massari (nella foto), segretario generale Aipb –. Ringrazio quindi CANDRIAM per aver promosso questa importante iniziativa che ci ha permesso di approfondire i bisogni e le preferenze di una parte della clientela che merita una crescente attenzione e che, come dimostrano i dati presentati oggi, mostra una maturità finanziaria che ben si adatta al momento storico che stiamo vivendo”.

Matthieu David (nella foto, a destra), head of italian branch di Candriam, ha aggiunto: “La ricerca mette in luce quanto le donne investitrici di alto profilo abbiano una concezione degli investimenti finanziari davvero long term thinking. Tanto che sono convinto che, in un futuro molto prossimo, saranno tra i principali alfieri degli investimenti ESG. A condurle in quella direzione in modo del tutto naturale saranno la loro visione di ampio respiro, lo stile decisionale pragmatico e razionale e la forte convinzione che gli investimenti debbano essere funzionali a progetti di vita. In questo quadro virtuoso, l’unico tassello da aggiungere è quello di una informazione più approfondita sull’efficacia di questi approcci e sulla loro reale capacità di influenzare in positivo il mondo nel quale viviamo. […]”.

 

 

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