Standard & Poor’s promuove le banche, ma occhio agli npls

Dopo aver alzato il rating dell’Italia a BBB, Standard & Poor’s promuove, per la prima volta da anni, anche le banche.

Nonostante infatti continua a pesare l’incidenza dei crediti deteriorati, per  l’agenzia americana si meritano un rating superiore di quello ottenuto finora 11 istituti del nostro Paese, tra i quali Intesa Sanpaolo (e le controllate Banca Imi e Fideuram), Mediobanca, Bnl, Unicredit (e la controllata nel leasing) portate di un gradino più in alto, da BBB- a BBB.

Promosse anche Fca Bank, MedioCredito Centrale, Popolare Alto Adige-Voksbank e la filiale italiana di Bank of New York Mellon, e confermati i giudizi su sette banche tra le quali Credem e Ubi (BBB-), Iccrea (BB) e Icbpi (BB-).

Per S&P l’economia italiana è «ora più resiliente agli shock futuri» inoltre «migliori prospettive economiche potrebbero anche sostenere il merito del credito nel settore privato, ed è probabile aiuti le banche domestiche a ridurre gli ampi stock di esposizioni non performing».

Per l’Italia l’agenzia prevede una crescita dell’1,4% quest’anno e del 4% nel periodo 2017-2019 e per questo ha alzato il rating a BBB (da BBB-).

Tuttavia sulla testa del sistema bancario resta la spada di Damocle dei crediti inesigibili. S&P si attende che le esposizioni non performing scenderanno al 13-14% nel 2019 dal 18,7% dello scorso giugno, grazie anche alle grandi operazione di cessione e cartolarizzazione portate avanti dagli istituti: fra le più grandi, quelle di Mps e Unicredit (che ieri ha smentito che ci sia un’indagine in corso della Bce sul prezzo di cessione degli npl nell’operazione Fino, che va avanti secondo i piani). 

Tra il 2017 e il 2019 — stima S&P — le banche italiane venderanno fino a 90-100 miliardi di npl scegliendo la strada più veloce della cessione per ridurne il peso nei bilanci, anche se «il tempo significativo richiesto in Italia per il recupero dei collaterali e per definire una causa legale probabilmente resterà un ostacolo per una riduzione più determinante dello stock di quanto ora previsto».

 «Nonostante i citati miglioramenti – spiega la nota -, riteniamo che le banche italiane debbano ancora affrontare rischi economici più alti rispetto alla maggior parte degli altri istituti simili. Questo perché gli alti stock di esposizioni non performing peserà sui bilanci delle banche e sulla loro redditività per un po’ di anni». Questo, continuano gli analisti, potrebbe «anche rappresentare un rischio di coda per le banche se le condizioni economiche dovessero deteriorarsi di nuovo».

Noemi

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