Un fondo per l’esercito che salverà l’Europa

Può la costituzione di un esercito comunitario riportare alla luce il sentimento di un’Unione europea che tanto aveva scaldato gli animi nell’immediato Dopoguerra? Può la costruzione di una difesa militare in quanto tale, senza che ci sia un preciso nemico da cui difendersi, far rinascere l’Europa come potenza globale? Ma soprattutto può la finanza avere un ruolo in questa partita?

Secondo i professori ed economisti Gustavo Piga e Lorenzo Pecchi, assieme al colonnello Andrea Truppo, sì. Il perché lo spiegano nel loro libro “Difendere l’Europa”, voluto ed editato da Guido Roberto Vitale (nella foto) con la sua Vitale & Co.

All’Europa “mancano gli strumenti essenziali per far sì che l’entità politica europea possa considerarsi tale”, tra i quali anche “una vera e incondizionata difesa europea”, ha a spiegato Vitale a Milano durante la presentazione del volume, a cui presenziavano alcuni dei più importanti esponenti della comunità legale e finanziaria, fra i quali Giovanni Tamburi di Tip, Riccardo Bruno di Clessidra, Paolo Basilico di Kairos, tutte le prime linee di Vitale & Co, e avvocati come il penalista Massimo Dinoia, Luca Radicati di Brozolo di Arblit, Marcello Giustiniani di BonelliErede, Ottaviano Sanseverino di Gianni Origoni Grippo Cappelli & Parnters, nonché l’ex Presidente del consiglio Mario Monti.

Non è un’idea nuova – come fa notare Lucio Caracciolo nella sua introduzione – di una forza armata europea si parla già nel 1950, ma venne affossata dalla Francia. Che questa sia oggi un’idea anacronistica, se non decisamente poco auspicabile? No, gli autori ne sono fermamente convinti: la creazione di un esercito europeo, oltre ad avere un enorme valore simbolico, avrebbe ricadute positive in termini economici, occupazionali e di innovazione. Un esercito non per difendersi, dunque, ma, nelle loro intenzioni, per unire, anche a livello culturale.

Qualcuno, come effettivamente hanno fatto i presenti, potrebbe chiedersi quanto sia prioritario in questo momento spendere preziose risorse comunitarie in un esercito (già oggi ogni paese spende circa l’1,3% del Pil nell’esercito – oltre 26 miliardi di dollari nel caso dell’Italia)… Ma gli autori non solo hanno obiettato che “con una forte e autonoma difesa comune saremmo finalmente in grado di avere una politica estera comune e una forte e duratura crescita economica”, ma hanno anche lanciato l’idea di creare un Fondo per l’innovazione e la difesa comune che si faccia carico della spesa per un valore addizionale di oltre mille miliardi (1.167 per l’esattezza). Metà delle risorse arriverebbero, nell’idea degli autori attraverso l’emissione di Eurobond a lunga scadenza per un totale di 600 miliardi. Il fondo però funzionerebbe solo per i primi anni di attività.

Al termine di questi primi anni, come suggerito dallo stesso Monti in un intervento, le risorse dovrebbero arrivare da “un’ulteriore tassazione a carico di ogni Paese” per ovviare al problema di “indebitarsi ulteriormente”. Una fiscalità aggiuntiva che potrebbe funzionare perché “la sicurezza è un tema importante per i cittadini”, assicura Monti. Questione di priorità… e di punti di vista.

Noemi

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