Le cinque fasi del fintech: l’evoluzione del mercato anglosassone e l’inseguimento dell’Italia

A cura dell’ufficio studi di BorsadelCredito.it

Per il fintech è l’era della collaborazione. Un concetto più volte espresso da BorsadelCredito.it e che ora viene ribadito da Chris Skinner, tra i più autorevoli esperti al mondo del settore nonché presidente del Financial Services Club, una delle più importanti reti di rappresentanza per i servizi finanziari in Europa. Skinner è autore di diversi bestseller e di un blog molto seguito, The Finanser, dove l’opinionista espone le sue visioni sul mondo del fintech. In particolare, in un post recente, Skinner traccia quelle che definisce le cinque fasi di sviluppo del settore. In questo post le analizziamo e proviamo a capire a che punto siamo in Italia.

La prima fase è quella della disruption. Nel Regno Unito, è iniziata nel 2005, anno della fondazione di Zopa, per concludersi nel 2014. In Italia, invece, i primi esperimenti di portali che hanno provato a disintermediare la finanza datano al 2015. Per stabilire la data precisa di avvio del fintech, Skinner si riferisce a una definizione precisa del settore che è “sfruttare Open Finance tramite app, Api e analisi”, e dunque non si limita a PayPal che invece è un sistema molto più antico (1999) ma molto meno strutturato. Quando entra in scena il fintech “la maggior parte delle start-up parlava di “distruggere” il sistema bancario. Volevano sostituire le banche. Una buona idea, ma un po’ ingenua, poiché le banche esistono per un motivo. Ovvero per agire come intermediari regolamentati”. Senza di esse, il sistema collasserebbe. E per questo, molto presto il mood è cambiato e la comunità di start-up fintech ha capito che doveva lavorare con le banche piuttosto che sostituirle. “Allo stesso modo, le banche hanno capito che le start-up fintech stavano facendo alcune cose interessanti e così hanno iniziato a parlare con loro, a lavorare con loro e a investire in loro”.

E così che si è arrivati alla fase due, che Skinner definisce di discussione e che dura tre anni, dal 2014 al 2017. Sia le banche sia le fintech hanno iniziato a fare una profonda riflessione e sono entrate in connessione. Anche se la maggior parte delle banche ha preferito costruire l’innovazione in-house piuttosto che collaborare, in quel triennio si è concretizzato un atteggiamento diverso che avrebbe portato a forme più strette di partnership tra i due soggetti interessati. Skinner sostiene che oggi, “incoraggiati da sandbox regolamentari e investimenti in seed, le banche stanno finalmente realizzando che non tutte le start-up fintech sono una minaccia, e la maggior parte delle start-up fintech si stanno rendendo conto che non tutte le banche sono stupide”. Potremmo ritenere che in Italia sia questa la fase che stiamo attraversando oggi, seguendo a ruota il Regno Unito e andando a un ritmo molto rapido. Da giugno infatti, all’interno del Decreto Crescita, è stato introdotto il concetto della sandbox, che consente alle startup del fintech di avere uno spazio limitato entro cui agire in deroga alle regole di base per sperimentare e portare a regime i propri modelli di business e/o la propria offerta in tempi più rapidi e in maniera più efficace, andando avanti per prove ed errori. BorsadelCredito.it ne aveva già parlato spiegando come questa novità avvicini il nostro Paese al mondo anglosassone e dia una spinta allo sviluppo del settore. Le prime due fasi di cui parla Skinner, in Italia si sono svolte in maniera più rapida e condensata. Inevitabilmente, essendo il nostro Paese un follower e non un pioniere come il Regno Unito.

Nel Regno Unito, nel 2017 è iniziata la fase della collaborazione, che si protrarrà, secondo Skinner, fino al 2022. Dalla voglia di far scomparire le banche, alla presa di coscienza da entrambe le parti, che esistono ampi margini di cooperazione per la creazione di vere e proprie partnership.

Cosa succederà dopo? Ci sarà la fase di integrazione (2022-2027) “completa delle funzionalità FinTech nel sistema bancario attraverso Open Banking e Open API”. Qualcosa che viene abilitato dalla PSD2 e che, nonostante sia stata recepita praticamente da ogni legislazione nazionale in Europa (in Italia entra in vigore ufficialmente il 14 settembre), vede ancora molte banche resistere al cambiamento. Ci vorrà un po’ di tempo, ma anche questa evoluzione è inevitabile.

E porterà alla fase cinque, dal 2027 in poi. Una fase cruciale, che Skinner definisce del rinnovo, perché darà vita al fintech 2.0. Il presupposto è la creazione di un vero open banking, fatto di piattaforme e marketplace veramente aperti grazie a Api, app e analytics, in cui sarà possibile integrare completamente le attività bancarie, fintech e bigtech. Un mondo in cui “la finanza scorrerà sulla rete poiché sarà completamente integrata come un sistema semplice, senza interruzioni, abilitato a internet, globale e in tempo reale”. Sembra fantascienza, invece è una realtà più vicina di quanto si possa immaginare. Persino in Italia.

Noemi

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