Supply@Me si quota a Londra. Zamboni: “Negli ultimi giorni boom di richieste”

La fintech torinese Supply@Me si prepara a quotarsi il prossimo lunedì 23 marzo sul listino principale del London Stock Exchange con una capitalizzazione di 227,5 milioni di sterline e un flottante del 26%. La quotazione avviene nel dettaglio a seguito della fusione inversa tra la scaleup italiana e la sorta di spac- o cash-shell company – Abal Group, quotata all’Aim di Londra da inizio febbraio.

Supply@Me è una piattaforma di inventory monetization, cioè che permette la valorizzazione del magazzino di aziende industriali attraverso cartolarizzazione. Nel dettaglio, Attraverso Supply@Me, che utilizza gli smart contract e la blockchain di Sia, le imprese possono cartolarizzare gli stock di magazzino, pur mantenendone la proprietà, rivendendoli a investitori istituzionali fra cui fondi di private debt o assicurazioni. Il costo è quello di una provvigione sul valore di libro compresa tra il 6 e l’8%: gli investitori riceveranno una remunerazione del 4-6% e a Supply@me andrà il restante 2-3% della provvigione pagata.

Abal ha acquisito l’intero capitale di Supply@Me lo scorso settembre per 224,478 milioni di sterline. A sottoscrivere le nuove azioni al prezzo di 0,6945 sterline per azione, saranno da un lato gli azionisti attuali di Supply@Me e dall’altro, per una piccola quota, investitori terzi per 39,9 milioni di sterline. Inoltre Abal Group collocherà in aumento di capitale altre azioni allo stesso prezzo per un controvalore complessivo lordo di 2,2 milioni di sterline, sottoscritto da investitori professionali, high net worth individual e istituzionali, per finanziare lo sviluppo della piattaforma. Alessandro Zamboni, fondatore e ceo di Supply@Me, manterrà il ruolo di ceo.

Attualmente Supply@me ha contratti per 972 milioni di euro, che corrispondono a un margine netto di 15 milioni di euro, cioè ciò che resta alla piattaforma. L’obiettivo, spiega Zamboni a Financecommunity, “è arrivare a 1 miliardo di euro di contratti entro la fine di quest’anno. Considerando quelli che già abbiamo e l’origination che faremo nei prossimi mesi siamo fiduciosi di poterci arrivare”.

Il modello di business, dice il ceo, è solido. “Lavoriamo con una platea diversificata di medie aziende, tra i 50 e i 70 milioni di euro di fatturato, in settori differenti, dal metallurgico all’alimentare, tutte realtà già internazionalizzate e strutturate”, spiega Zamboni, per le quali “ciò che più preoccupa in questa situazione è la mancanza di liquidità”. A conferma di questo, spiega, “nelle ultime settimane abbiamo avuto un’impennata di richieste e il 15% delle società che avevano rifiutato il servizio, perché troppo costoso rispetto al credito bancario, sono tornate per soddisfare il loro bisogno di cassa”.

Il prossimo step è l’emissione della prima di quattro cartolarizzazioni da 250 milioni di euro ciascuna, previsto tra aprile e maggio “a seconda di come evolverà la situazione”. La cartolarizzazione sarà collocata al mercato da un importante operatore britannico con cui abbiamo un accordo per un totale di un miliardo di euro di emissioni distribuiti in quattro operazioni e andremo in crescendo con un obiettivo di 3,5 miliardi nel 2023″.

Il piano industriale prevede anche l’avvio delle attività in Spagna e nel Regno Unito, nonostante il coronavirus e l’effetto sull’economia di quei paesi e sulle borse, anche l’Lse. “Non siamo preoccupati – dice Zamboni – da un lato c’è sicuramente tensione e attenzione all’impatto che l’epidemia e le scelte del governo avranno nel Regno Unito, ma dall’altro Londra per noi è comunque una vetrina importante per gli investitori, ed è per questo che abbiamo deciso di quotarci lì. Quanto al nostro titolo, premesso che le nuove quotazioni in momenti come questo solitamente oscillano meno di altri titoli azionari, i nostri investitori non sono speculatori o interessati a guadagnare dal trading, ma soggetti che conoscono il nostro modello di business e che investono secondo logiche più di lungo periodo”.

 

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