Private equity, 180 deal in 7 anni hanno coinvolto investitori stranieri

Il mercato italiano del private equity è sempre più trainato dall’attività degli operatori internazionali, soprattutto nell’ammontare investito che hanno mostrato grande interesse per le aziende del Paese.

In particolare, nel periodo 2010-2016 oltre 100 soggetti internazionali hanno investito in almeno un’impresa italiana, realizzando complessivamente più di 180 investimenti.

A rivelarlo è l’Aifi, evidenziando che, tra gli operatori, americani ed europei, soprattutto britannici e francesi, hanno avuto un ruolo importante anche se, nell’ultimo periodo sono intervenuti investitori asiatici che prediligono operazioni in cui possono esercitare un controllo strategico nelle società come i buyout, in cui acquisiscono quote di maggioranza o addirittura totalitarie.

A livello geografico le imprese oggetto delle operazioni sono collocate prevalentemente al Nord, in particolare in Lombardia, in linea con quanto si verifica in generale nel mercato italiano del private equity e dove è basata la maggior parte degli operatori sia domestici, sia internazionali (che hanno sede in Italia). I settori italiani più attrattivi per gli investitori internazionali risultano essere quelli dei beni e servizi industriali e del manifatturiero/moda; da sottolineare, inoltre, la crescente attenzione negli ultimi anni verso alcuni settori innovativi, quali l’Ict e il medicale che stanno ricoprendo un ruolo sempre più importante nel tessuto industriale italiano e che si configurano come eccellenze nel panorama internazionale.

“Il crescente interesse verso le imprese italiane da parte dei fondi internazionali si osserva analizzando il contesto europeo” ha commentato il presidente Aifi, Innocenzo Cipolletta (nella foto),”l’Italia, infatti, nel periodo 2010-2016 si classifica come terzo paese per numero di investimenti effettuati nel continente dai fondi internazionali, dietro Francia e Uk, dove il mercato del private equity è indubbiamente di più lunga tradizione e dimensioni maggiori. Inoltre, se si guarda all’evoluzione nel tempo, il peso dell’Italia è cresciuto passando dall’11% nel 2010-2012 al 22% nel 2013-2016, a testimonianza di un interesse sempre maggiore per le aziende del territorio”.

Noemi

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