Npl, mercato alla fase due
Accantonato il “rischio sistemico”, per le banche e i player del settore dei crediti deteriorati – una massa di 250 miliardi di euro di valore – è arrivato il momento di passare alla fase due, cioè la gestione e lo smaltimento.
Si tratta della fase più difficile e delicata per tutto il comparto, che implica uno sforzo maggiore anche e soprattutto verso quei crediti che ancora non sono del tutto da buttare, ovvero gli Utp (unlikely to pay) o i crediti verso la pubblica amministrazione. «Ci vorranno anni se non decenni a smaltirli», ha commentato a tal proposito Giovanni Bossi (nella foto), amministratore delegato di Banca Ifis, in occasione dell’Npl Meeting di Venezia. «Serviranno competenza e specialità: un lavoro industriale ma anche artigianale» data l’eterogeneità di questi crediti, ha aggiunto.
Viene da sé che a evolversi sarà anche il numero e la qualità degli operatori presenti sul nostro territorio. Tra joint venture, partnership e cessioni lo scenario sta già cambiando. In un settore su cui però pesa, molto più di altri, l’incognita dell’andamento dell’economia nazionale, non soltanto perché lo spread incide sui prezzi ma anche perché il recupero dipende, in ultima istanza, dalla capacità di famiglie e imprese di lavorare e avere le risorse per poter ripagare i propri debiti.
Transazioni per 83 miliardi
In Italia, a oggi, ammontano a circa 252 miliardi di euro lordi i crediti deteriorati in circolazione sul mercato, 127 dei quali risultavano ancora presenti nei bilanci delle banche a luglio 2018.
Quest’anno il mercato dovrebbe registrare transazioni per 83 miliardi di euro – che valgono 22 miliardi – in aumento del 17% rispetto al 2017. Di questo totale, 43,3 sono i miliardi di Npl già oggetto di transazione dall’inizio dell’anno, fra i quali rientrano il portafoglio Intesa Sanpaolo da 10,8 miliardi ceduto a Lindorf-Intrum CarVal o quelli di Popolare di Vicenza e Veneto Banca per 9 miliardi passati alla Sga, la società per la gestione delle attività finanziarie controllata dal Tesoro. La pipeline vede dunque operazioni in via di definizione per 40,1 miliardi, di cui 9,4 miliardi tramite l’utilizzo dello strumento delle garanzie pubbliche Gacs. Fra queste ci sono ad esempio la cessione di due pacchetti da parte di Mps, cioè Merlino, 2,5 miliardi di non performing loans di tipo unsecured, e Morgana, 1,1 miliardi di incagli. Intesa Sanpaolo è invece impegnata con due aste su due portafogli di incagli: il progetto Levante fatto da posizioni corporate e real estate, e il progetto Luce sul fotovoltaico, per valori nominali attorno ai 250-300 milioni ciascuno. Il dossier più grande è però il progetto Ace di Banco Bpm che dovrebbe avere una dimensione tra i 3,5 e i 9,5 miliardi, incluso un portafoglio di crediti derivanti dal leasing.
Nel complesso, la fotografia scattata nel Market Watch di Banca Ifis presentato all’annuale appuntamento del Npl Meeting, racconta un mercato maturo, in fermento e in cui qualche grande operatore domina la scena. Il 53% dei 191 miliardi di euro transitati sul mercato dal 2015 a oggi sono infatti frutto dell’attività di sei servicers quali Dobank (15%), Cerved (13%), Banca Ifis (8%), Prelios (7%), Tersia (6%) e Sga (5%). Un dato che sembra dimostrare come in questo mercato la dimensione dei player giochi un ruolo importante in quanto è sempre maggiore il livello di competenze e di solidità finanziaria di cui occorre disporre per poter gestire portafogli così complessi.
In totale le non performing exposure nelle banche si sono ridotte di 66 miliardi dal primo trimestre 2017 allo stesso periodo del 2018 mentre la copertura è salita di mille punti base al 68,5%. L’Italia ha registrato una riduzione del ratio di Npl del 27,1% fra il marzo 2017 e lo stesso mese di quest’anno, la miglior performance a livello europeo.
Tra Utp e riorganizzazioni
Sempre secondo la rilevazione di Ifis, nel corso del 2018 i prezzi medi delle transazioni su portafogli misti (che contengono dunque sia bond secured che unsecured che consumer credit) sono aumentati al 28% del valore nominale dal 19% di un anno fa.
Questo spiega la nota forse più stonata nei dati presentati che sta nel recupero: dei 130 miliardi di Npl comprati dal 2015 a oggi ne sono stati recuperati solo 5. Una cifra che mette chiaramente in evidenza dove risieda la sfida principale del settore: quella della gestione e del recupero di valore a fronte di prezzi che non sempre rispecchiano il valore di ciò che sta dentro i portafogli. Questo vale soprattutto se consideriamo le nuove asset class come ad esempio i crediti verso la pubblica amministrazione o i circa 91 miliardi di unlikely to pay presenti sul mercato. Si tratta di una grossa fetta di crediti che fa gola a molti investitori ma che per Marina Natale, amministratore delegato di Sga, «rappresentano ancora un mercato poco maturo, con le banche che hanno meno pressione a cedere e la maggiore difficoltà nella gestione».
Gli Utp, ha poi aggiunto Bossi, «sono crediti vivi che riguardano imprese e famiglie che non sono ancora in default. Diversamente dalle sofferenze, in cui le banche hanno il compito di recuperare il massimo possibile il più in fretta possibile, con gli Utp l’obiettivo dovrebbe essere quello di portare le aziende in bonis. Per farlo serve la competenza di chi sa fare credito».
A questo proposito, sottolinea Alessandro Scorsone, director strategic transactions e client relations di Kruk Italia, «sul mercato, nei prossimi 15 anni, resterà chi avrà capacità di servicing multi asset, cioè chi si sarà attrezzato per gestire questi crediti in maniera industriale», osservando tuttavia che «rispetto al passato la qualità degli asset è migliorata e anche la documentazione a supporto».
Lo sviluppo del mercato ha portato a una riorganizzazione strategica dei player del settore che passa dalle unioni basti guardare ad esempio le partnership portate avanti da Cerved con Quesito per la piattaforma di servicing di Mps (Juliet) e la joint venture con lo studio La Scala, ma anche l’accordo tra Intesa e Antrum (Tersia), ma anche da specializzazioni, come quella di Prelios sul real estate e sulle Gacs.
Riflettori sullo spread
In tutto questo discorso non si può però non fare i conti con quanto accade a livello macroeconomico. «Al momento si sta alla finestra – ha osservato Scorsone – le prospettive sono incerte e occorre capire se c’è un vero rischio Paese»…
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