Mufg, dal Giappone alla conquista delle aziende tricolori

Da un certo punto di vista, per molti player internazionali l’Italia oggi non è certo il posto più indicato dove decidere di avviare o implementare il proprio business. Le incertezze politiche, l’economia stagnante e il rischio recessione rendono il cosiddetto Belpaese un luogo insidioso, almeno sul fronte finanziario. Ma se alla fine tanti di questi operatori stranieri hanno deciso di restare e di investire nel nostro Paese è per via di una base virtuosa, un sottostante silenzioso che spesso e volentieri emerge in maniera positiva dalla nebulosità, cioè le imprese.

Fra questi c’è per esempio la banca giapponese MUFG Bank, quella che fino al 31 marzo dello scorso anno veniva chiamata The Bank of Tokyo – Mitsubishi UFJ, il quinto istituto finanziario più grande del mondo con asset per 2,7 trilioni di dollari.

La banca è operativa in Italia dagli anni ‘70 e negli ultimi tempi, nonostante le turbolenze, ha rafforzato la presenza nel nostro paese dove conta un team di 57 persone operative dall’anno scorso dalla nuova sede in Via Turati a Milano.

Per il futuro il focus è proprio sulle attività di corporate banking, la divisione dedicata alle aziende che comprende sei persone ed è guidata dal 2007 da Orlando Di Tursi (nella foto). «Il nostro obiettivo è di sviluppare e implementare delle relazioni strategiche con le grandi aziende italiane – spiega il manager a MAG – oltre che continuare a servire le filiali italiane di gruppi stranieri, non solo giapponesi».

 

Da Open Fiber a Pirelli

Nel corporate banking il gruppo offre soprattutto servizi di lending, che rappresentano oltre il 50% dell’attività complessiva, ma si occupa anche di fornire garanzie a favore di committenti di progetti, svolgere attività sulle valute, quindi operazioni di forex e cambi, e, tramite la security house, le emissioni di obbligazioni e di derivati. «Sosteniamo le imprese italiane all’estero, per esempio con l’attività di trade finance, oppure in specifici progetti, per esempio nelle rinnovabili o sul mercato dei capitali», spiega Di Tursi.

Negli ultimi due anni il team ha seguito circa 15 operazioni di finanziamento, sia sindacati che bilaterali, con valori che vanno dai 50-100 milioni al miliardo di euro. Fra questi ci sono ad esempio il finanziamento di Open Fiber da 3,5 miliardi nell’agosto scorso e quello pre-ipo di Pirelli, dal valore di 5,5 miliardi, nel 2017 ma anche l’emissione del bond di Snam nell’ottobre 2017 da 400 milioni e il bond di Tim da 750 milioni del 2018.

La banca si rivolge per lo più a grandi imprese, cioè aziende quotate e con rating, «ma non abbiamo paletti che escludano a priori altre imprese di media dimensione», aggiunge il manager, «cerchiamo soprattutto aziende con attività sui mercati internazionali e con caratteristiche distintive in settori ad alta crescita» fra i quali «l’industria meccanica, le utilities e la moda». Nel complesso la filiale conta oltre 300 clienti, compresa la parte corporate giapponese, dei quali circa 30 italiani.

 

Supporto a lungo termine

Il fil rouge di tutta l’operatività della banca è l’assistenza alle aziende nei loro progetti industriali. «Svolgiamo attività wholesale dedicata alle corporate di una certa dimensione, che siano sane e con un progetto industriale chiaro, sia domestiche che non», aggiunge. Nei piani di MUFG non c’è dunque il retail, «perché non saremmo di valore aggiunto per quel tipo di clientela», e neanche l’advisory o l’origination di deal M&A, in quanto, in questo ambito, il gruppo fornisce una consulenza strategica che però non è legata a particolari operazioni.

«Quello che vogliamo è supportare le aziende ed essere una banca riconosciuta sul mercato che partecipa alla crescita del Paese. In questo senso, non realizziamo deal mordi e fuggi ma puntiamo a operazioni di valore con aziende che abbiano un progetto industriale sano e con le quali è possibile stabilire un rapporto diversificato e duraturo».

Questa strategia, sottolinea, «ci ha fatto restare in Italia per tutti questi anni nonostante gli alti e i bassi del Paese». Inoltre «non vogliamo essere percepiti come una banca giapponese ma globale, in cui ogni mercato è per noi domestico». In questo senso, «mettiamo a disposizione una rete internazionale molto forte, essendo presenti in oltre 50 paesi, per supportare le corporate italiane all’estero e quelle internazionali che operano in Italia». Qui sta uno degli elementi competitivi del gruppo per Di Tursi: «L’attività bancaria, soprattutto il lending, è ormai una commodity, ciò che fa la differenza non è più soltanto il prezzo ma la presenza internazionale e la capacità di capire e rispondere alle necessità del cliente e di fare attività su misura»…

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Noemi

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