Btp, 15 anni collocato per 9 mld, domanda per 50 mld, rendimento al minimo storico

La fame di Btp non accenna a placarsi. Il ministero dell’Economia e delle Finanze ha collocato la prima tranche del nuovo benchmark a quindici anni per un ammontare di 9 miliardi di euro. Ma gli ordini hanno superato la barriera dei 50 miliardi, battendo il precedente record fatto segnare dal Btp a trent’anni collocato il mese scorso: la domanda si era fermata a circa 48 miliardi.

Il titolo, ricorda un comunicato del ministero guidato da Roberto Gualtieri (nella foto), ha scadenza 1 marzo 2036, godimento 18 febbraio 2020 e tasso annuo dell’1,45%, pagato in due cedole semestrali. Il regolamento dell’operazione è fissato per il 18 febbraio. Il titolo è stato collocato al prezzo di 99,513, corrispondente ad un rendimento lordo annuo all’emissione dell’1,489%, ovvero il più basso di sempre su questa scadenza.

Il collocamento è stato effettuato mediante sindacato, costituito da cinque lead manager, Goldman Sachs, Morgan Stanley & Co, Nomura, Société Générale e UniCredit, e dai restanti specialisti in titoli di stato italiani in qualità di co-lead manager.

Con una nota diffusa nel pomeriggio del 12 febbraio, il Mef ha comunicato che al collocamento hanno partecipato oltre 400 investitori, per una domanda complessiva pari a oltre 50 miliardi di euro. Poco più della metà del collocamento è stato sottoscritto da fund manager (circa il 53%), mentre le banche ne hanno sottoscritto circa il 23%. Gli investitori con un orizzonte di investimento di lungo periodo hanno acquistato il 18,5% dell’emissione (in particolare, il 12% è andato a fondi pensione e assicurazioni, il 6,5% è stato allocato a banche centrali e istituzioni governative). Agli hedge fund è stato allocato il 5,3% dell’ammontare complessivo. Le imprese non finanziarie hanno partecipato all’emissione con una quota residuale pari allo 0,2%.

La distribuzione geografica del titolo ha visto il coinvolgimento di oltre trenta paesi: gli investitori esteri si sono aggiudicati poco meno dei  due terzi dell’emissione (63,4%), i domestici ne hanno sottoscritto il 36,6%. Tra gli esteri, gli investitori nordamericani hanno prevalso (13,3%). Il resto del collocamento è stato allocato in larga parte in Europa (45,2%), in particolare in Germania (10,3%), nel Regno Unito (9,9%), in Scandinavia (7,4%), in Francia (6,3%), nei paesi della penisola iberica (5%), in Svizzera (3,3%), in Benelux (1,2%) e in altri paesi europei (1,8%). Gli investitori asiatici si sono aggiudicati il 2,7% dell’emissione. Il resto è sottoscritto da investitori mediorientali (1,9%), mentre una quota residuale pari allo 0,3% è stata allocata a investitori residenti in altri paesi.

Si conferma, dunque, l’appetito di carta italiana da parte degli investitori internazionali. L’attuale maggioranza parlamentare, rafforzata dall’esito delle elezioni in Emilia Romagna, piace ai mercati. A caccia di rendimenti, in un contesto di tassi a zero, da mesi gli investitori si sono fiondati sul debito italiano, facendo precipitare i rendimenti ai minimi storici.

Noemi

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