Coima, real estate e infrastrutture al centro della ripartenza post-Covid

La crisi attuale rappresenta una grande opportunità per l’Italia, che, grazie ai fondi destinati dall’Unione Europea ad affrontare l’emergenza sanitaria ed economica, può mettere in campo un vasto piano di rigenerazione urbana e realizzazione di infrastrutture.

E’ il risultato, in estrema sintesi, dei lavori che si sono svolti nel corso del nono Coima Real Estate Forum, organizzato a Roma dal gruppo guidato da Manfredi Catella (nella foto).

Dopo gli interventi istituzionali e le parole introduttive di Alberto Oliveti (Enpam), il forum è entrato nel vivo con le parole di Komal Sri-Kumar, presidente di Sri-Kumar Global Strategies, che, sulla base di una serie di indicatori economici, ha detto di attendersi “un anno di crescita in Italia nel 2021 e un ulteriore sviluppo nel 2022”.

Gabriele Bonfiglioli, managing director e investment management di Coima, ha analizzato nel dettaglio quanto successo nel settore del real estate nei primi nove mesi dell’anno, dicendo di stimare una chiusura del 2020 con transazioni per 8 miliardi, sui minimi degli ultimi cinque anni. Bonfiglioli ha parlato di “ripresa a K”, ovvero caratterizzata da alcuni segmenti che stanno accelerando con forza, come logistica e residenziale, e altri in difficoltà, ovvero alberghiero e retail. Secondo l’analisi di Coima, da gennaio a fine settembre il 60% delle transazioni immobiliari è stato effettuato da soggetti esteri, “ma cresce l’appetito degli investitori italiani”. La domanda, ha proseguito Bonfiglioli, “è focalizzata su immobili core, a reddito con contratti lunghi. I rendimenti scendono: il prime è attorno al 3,20%”. Addirittura, ha anticipato il manager di Coima, la transazione riguardante un immobile di Milano, in zona centrale, dovrebbe chiudersi con un prime al 2,85%. D’altro canto, la domanda in zone più periferiche e complicate scende o si azzera. “Il mercato è molto polarizzato”, ha aggiunto. In media, i prezzi di Milano sono ancora bassi rispetto ad altre città, visto che, secondo uno studio di Ubs, sono cresciuti dell’8% dal 2010. La crisi del settore alberghiero potrebbe aprire la strada a “opportunità di consolidamento, acquisizioni a sconto”, in un segmento ancora in gran parte in mano alle famiglie e poco penetrato dalle catene. L’evoluzione del segmento degli uffici ovviamente dipenderà dalla percentuale di remote working che diventerà la norma anche nell’Italia post-Covid: gli spazi negli uffici, secondo Coima, si ridurranno da un minimo del 5-10% a un massimo del 30%. Soprattutto, sempre più “i conduttori saranno focalizzati sul contesto dell’edificio”, ovvero sui collegamenti e sul grado di vivibilità del quartiere, portando a una polarizzazione del mercato. In sintesi, ha concluso Bonfiglioli, “il Covid accelererà tendenze già in atto”.

Di tendenze urbanistiche ha parlato l’architetto Stefano Boeri, membro del Coima City Lab, che ha illustrato la compenetrazione crescente, per esempio, fra spazi commerciali, uffici e quartiere circostante.

E’ stata poi la volta del founder & ceo, Manfredi Catella, parlare dei risultati degli studi degli esperti di Coima sull’utilizzo del fondo di emergenza e resilienza Next Generation EU. Catella si è soffermato sull’ipotesi di mettere in campo un fondo di fondi, mettendo insieme pubblico e privato, dedicato alla rigenerazione urbana. Il numero uno di Coima ha ricordato che “la pubblica amministrazione ha un patrimonio immobiliare che arriva a un valore di 400 miliardi”: riorganizzando e ristrutturando la macchina burocratica si potrebbe facilmente ridurre i metri quadri utilizzati e consentire risparmi sui consumi energetici per 1-2 miliardi.

A proposito dell’utilizzo dei fondi in arrivo da Bruxelles, una tavola rotonda moderata da Fabrizio Pagani, global head of economics and capital market strategy di Muzinich & Co, ha visto confrontarsi a distanza banker, sociologi, investitori ed economisti.

Luigi de Vecchi, presidente corporate investment banking di Citi Bank, ha parlato di un periodo di “grandissima criticità a livello globale”, ma si è detto “molto ottimista” sulle prospettive dell’Italia, ricordando come si stia lavorando su grandi opere infrastrutturali (la rete unica in fibra digitale e la rete autostradale), con il coinvolgimento di grandi investitori esteri, opere sulle quali sinora si era soltanto fatto chiacchier. Finalmente, ha aggiunto de Vecchi, “pubblico e privato lavorano insieme”, arrivando a preconizzare una rinascita dell’Italia come accadde dopo la seconda guerra mondiale.

Francesco Profumo, presidente di Acri, ha definito Next Generation EU “un momento disruptive… Se perdiamo questa occasione siamo destinati a guardare gli altri paesi da dietro. Non siamo la Grecia, l’Europa non può perdere l’Italia. Diamo spazio ai giovani, che trarranno maggior vantaggio perché tutto cambierà, difficile oggi dire cosa con esattezza, ma tutto cambierà”.

Simile, nei toni, l’intervento di Francesco Micheli, presidente di Genextra, che ha definito la lotta contro la pandemia “la terza guerra mondiale”, perciò “bisogna imparare a sopportare, a soffrire”. Micheli ha detto di temere il periodo di transizione, che, a suo dire, durerà almeno un anno, perché “dovremo stare in apnea”. E ha invitato i decisori a non mettere in campo macrointerventi: “Serve una sommatoria di microinterventi”.

Noemi

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