HAT, tecnologia e pharma trainano il settore

di claudia la via

Nata circa dieci anni fa sul modello del “club deal”, in partnership con alcuni imprenditori, per promuovere investimenti in piccole medie imprese italiane con l’obiettivo di supportarne la crescita e l’internazionalizzazione, oggi HAT si è trasformata in un gruppo di gestione di asset alternativi attraverso la promozione e gestione di fondi tematici di private equity e di infrastrutture. Ha all’attivo 32 operazioni di investimento completate, oltre 50 acquisizioni di nuove società con le aziende in portafoglio, 23 exit e 2 quotazioni in Borsa. Da poco ha anche ampliato il suo “capitale umano” con nuovi ingressi (Adriano Adriani, nuovo Investment Director, Francesca Giletta, Investment Associate, e Vincenzo Busto e Carlotta Pontecorvo che supporteranno l’accelerazione del processo di valorizzazione delle partecipazioni in portafoglio, ndr).
«Per HAT le persone sono la risorsa più preziosa: i recenti ingressi ci permettono di consolidare ulteriormente la nostra presenza sul mercato italiano», spiega a MAG Ignazio Castiglioni, Amministratore Delegato di HAT SGR.
La crescita del team va infatti di pari passo con una serie di importanti sviluppi strategici avvenuti negli ultimi mesi, come la raccolta del quarto fondo di private equity HAT Technology & Innovation e la partecipazione, come unico operatore italiano, all’aumento di capitale da 130 milioni di dollari della digital health Huma, al fianco di aziende internazionali leader nel campo farmaceutico e tecnologico, tra cui Bayer, Hitachi, Samsung, Sony e Unilever.

Il Financial Times ha definito Huma “l’azienda sanitaria europea a più rapida espansione”. Quanto conta questo settore per la crescita economica e che margini ci sono per il private equity?
Huma sta trasformando l’assistenza sanitaria e la ricerca a livello globale, coniugando cure predittive e machine learning. In tale contesto il private equity può giocare un ruolo molto importante e lo dimostra il numero delle operazioni effettuate dai fondi in campo sanitario che è sensibilmente cresciuto a partire dal 2018. Oggi stiamo assistendo anche a un forte interesse dei grandi fondi di private equity su alcune aziende italiane attive nell’ambito della salute, per far crescere e sviluppare la sanità privata italiana.

Dalla nascita, più di 13 anni fa, con un modello “club deal” a un gruppo di gestione di asset alternativi: cosa ha spinto questa trasformazione?
Negli anni siamo cresciuti significativamente, conquistando un posizionamento unico nel mercato italiano grazie all’importante specializzazione in innovazione e tecnologia e due strategie di investimento: private equity e infrastrutture. Poi le modifiche normative, tra cui la direttiva europea sugli investimenti alternativi (AIFMD) e la Mifid 2, hanno accelerato il processo di professionalizzazione con la trasformazione in “società di gestione del risparmio”. I risultati ottenuti hanno dimostrato che investire nel private equity in Italia può generare ritorni all’altezza dei migliori gestori europei.

Quali sono i nuovi investimenti in arrivo?
Nelle prossime settimane prevediamo di chiudere due nuove operazioni: la prima è un investimento nel settore del medtech in una società in grado di implementare soluzioni per migliorare l’assistenza dei pazienti più critici, la seconda è un investimento in una società di software erogato in modalità SaaS (Software as a Service) in cloud.

Ci sono delle exit in programma a breve e medio termine?
Nel breve termine abbiamo in programma due disinvestimenti, in fase avanzata di negoziazione (si veda il box). Siamo convinti che entrambe le operazioni – che permetteranno a HAT di ottenere eccellenti rendimenti – permetteranno alle società di proseguire il piano di crescita da noi avviato con i nuovi soci, in piena continuità.

Per continuare a leggere l’intervista, clicca qui e scarica il numero di MAG

eleonora.fraschini@lcpublishinggroup.it

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