Investitori e private capital, perché è importante conoscere la target
di nicola barbiero*
Noi tutti stiamo vivendo un momento estremamente particolare, decisamente inatteso nei modi e nei tempi. Questo spazio, nato con l’obiettivo di stimolare dibattito e riflessioni sugli investimenti alternativi da parte degli investitori istituzionali, spero che oggi possa essere un’occasione per trovare una piccola distrazione, anche solo per qualche minuto. Continuiamo, quindi, nel solco già tracciato nelle scorse settimane.
Nelle ultime occasioni abbiamo sottolineato l’importanza di un confronto aperto tra investitore e Gefia (leggi qui l’articolo deidcato). Lo sviluppo di un rapporto che edifichi le proprie basi nella reciproca fiducia, permette di andare oltre alla bella e colorata patina delle presentazioni ufficiali per capire, nel dettaglio, le vere caratteristiche dei manager del Gefia. Comprendere al meglio la professionalità del team permette all’investitore di scoprire se queste realmente “fittano” rispetto agli obiettivi di investimento del fondo pensione.
Ma la conoscenza, in tutti i particolari, del Gefia rappresenta solo un lato dell’analisi: una componente non trascurabile della performance finale del fondo deriverà necessariamente dalla modalità con cui i manager effettuano gli investimenti e come gli asset sottostanti vengono gestiti. Un fattore, quest’ultimo, che in alcuni casi può influenzare più di molti altri il rendimento complessivo del Gefia: questo è il caso, per esempio, dei fondi di private equity dove la gestione dell’azienda, soprattutto quando si parla dell’acquisizione della maggioranza del capitale, è un punto cruciale.
La stessa questione, al contrario, può avere un peso meno determinante qualora l’asset owner si trovi a valutare un investimento in fondi di private debt, infrastrutture e real estate (solo per fare alcuni esempi) dove, al contrario, la relazione tra Gefia e asset sottostante, proprio per la natura di questo, segue differenti dinamiche.
L’investimento nel capitale di un’azienda richiede di rapportarsi con il management, condividere progetti di sviluppo, business plan, budget, gestire gli scostamenti dal piano per non parlare della definizione della retribuzione e dei meccanismi di incentivazione. Fattori che richiedono conoscenze specifiche da parte del team del Gefia e che, a mio avviso, può essere utile misurare sul campo: chiedere di effettuare alcune visite in loco, nelle aziende oggetto di investimento, permette di andare direttamente alla fonte dell’informazione. Similmente a quanto visto la scorsa puntata, anche in questo caso le interazioni tra il management della società e il team del Gefia permette di avere riscontro immediato e comprendere se quanto descritto nella presentazione del progetto rispecchi quanto avvenuto nella realtà.
È sempre vero che l’investitore non deve mai fare affidamento sui risultati passati per stimare quelli futuri ma può ragionevolmente attendersi che l’approccio all’investimento sia lo stesso o, per lo meno, replicabile. Le visite direttamente in azienda, quindi, permettono di acquisire molte informazioni per un deciso passo avanti nel processo di due diligence: il modo con cui la società si presenta, le modalità con cui sviluppa la produzione (o l’erogazione del servizio) danno forma concreta a tutti i numeri, i grafici e analisi così da togliere quel velo patinato alle presentazioni e dare forma ai risultati.
Respirare l’aria dell’azienda, visitare il sito produttivo, gli uffici, ascoltare la descrizione del processo produttivo da parte di qualcuno che lo vive nella quotidianità permette, meglio di qualsiasi verifica o controllo, di intendere come il team del Gefia interverrà sulle aziende e se l’iniziale “razionale dell’investimento” è poi stato effettivamente rispettato.
Durante queste occasioni sono solito organizzare anche una riunione con i rappresentanti dell’azienda: proprio come avviene durante l’analisi del team, il dialogo con le singole persone permette di capire, dai diretti interessati, la modalità di intervento tipica del Gefia, la presenza o meno nella quotidianità aziendale, il supporto nelle fasi decisionali e il tempo di reazione nei momenti complessi.
Come sempre, non penso si possa individuare un approccio giusto e uno sbagliato ma è solo possibile individuare se l’approccio effettivo corrisponde a quanto descritto.
Di nuovo il dialogo, questa volta con l’azienda, consente all’investitore un passo avanti nel proprio processo di due diligence. In un mercato in cui le persone fanno la differenza, è il rapporto tra queste a creare il valore aggiunto e dopo aver analizzato le interazioni tra i membri del team e quelle con l’azienda target, nella prossima occasione parleremo dell’importanza della reputazione.
*Cfo di un fondo pensione negoziale
Questo articolo fa parte del blog “Serve del catch up”, leggilo qui.