LArgentina e il senso di Macri per la finanza
Nel 2016 l’Argentina potrebbe veder arrivare nelle proprie casse investimenti esteri per 20 miliardi di dollari. Il neo presidente Mauricio Macri (nella foto) ne è fermamente convinto, mentre illustra il piano di crescita del Paese alla platea del Forum di Davos, in Svizzera, e cerca di persuadere gli investitori che «questa volta sarà diverso» per la terza economia del Sud America.
Di certo, la sua elezione è di per sé un cambiamento radicale dopo tre mandati consecutivi – prima quello di Néstor Kirchner nel 2003 e poi i due della moglie Cristina Fernández (2007- 2015) – segnati da politiche populiste e di sinistra. Macri è infatti un neoliberista, un imprenditore e un manager.
L’ex sindaco di Buenos Aires e presidente del Boca Junior, la principale squadra di calcio della nazione, figlio di un magnate del settore automobilistico e dell’edilizia, ha assunto la massima carica del Paese dichiarandosi apertamente favorevole al mondo degli affari e della finanza. Già dopo l’insediamento, lo scorso 10 dicembre, il presidente ha stipulato con Coca-cola un pre-accordo da un miliardo di dollari per investimenti, e anche con Total, Royal Dutch Shell e Dow Chemical per altri centinaia di milioni di dollari ciascuno.
Macri vuole far tornare l’Argentina (41 milioni di abitanti) un Paese competitivo sulla scena economica internazionale. A Bloomberg News ha detto: «Abbiamo bisogno che le società più importanti del mondo vengano a finanziare la costruzione di infrastrutture, trasporti e impianti energetici». E per attrarre questi capitali intende innanzitutto far ripartire la domanda interna. Ha promesso di cancellare il prima possibile il “cepo”, un controllo quasi totale sul mercato valutario imposto da Cristina Fernández nel 2011, e sta anche incoraggiando gli argentini che hanno trasferito i loro risparmi all’estero o li hanno messi sotto il materasso a immetterli di nuovo nell’economia nazionale (si parla di una cifra intorno ai 200 miliardi di dollari).
Per aiutarlo ha selezionato una squadra di governo fatta di ex amministratori delegati e dirigenti di alto livello: il nuovo ministro dell’economia, ad esempio, è un ex dirigente della Jp Morgan, il ministero degli affari esteri è stato affidato a un’ex direttrice generale della Ibm e della Telecom mentre quello delle finanze è un ex presidente di Deutsche Bank.
La strada è decisamente in salita, il Paese non si è mai realmente ripreso dopo il default del 2001, ma la sua determinazione è forte. A beneficio della finanza internazionale.