Il private banking diventa sofisticato
Il private banking vive una nuova primavera. Dopo gli ultimi anni nella nebbia della crisi, ora il sole sembra tornato a splendere, innanzitutto grazie un aumento di uso della ricchezza a livello globale che in dieci anni raddoppierà dai 101mila miliardi del 2011 ai 192mila del 2021.
Una prospettiva incoraggiante che viene confermata anche a livello nazionale dove, stando allo studio dell’Associazione italiana private banking (Aipb) e di Boston consulting group “Il private banking nel mondo”, si passerà dai 3,5mila miliardi del 2011 ai 4,5mila stimati al 2021.
Questo scenario si riflette poi nella crescente necessità di una gestione più sofisticata (e redditizia) che sta iniziando a rendere più rilevante il private banking. Il settore gestisce un quarto del totale della ricchezza finanziaria del nostro Paese (circa 800 miliardi di euro su 4mila miliardi) riferibile a risparmiatori che hanno portafogli ampiamente diversificati e senza esigenze di immediata liquidabilità.
«All’interno del sistema bancario italiano, nel 2016, a fronte di ricavi da risparmio gestito del sistema pari a 8,9 miliardi di euro, il private banking ha contribuito con 3,7 miliardi, questa componente rappresenta il 70% dei ricavi totali dell’industria Private e il 12% dei ricavi dell’intero sistema», spiega Fabio Innocenzi (nella foto), presidente di Aipb. Inoltre, osserva, «il private banking è un business diverso rispetto al resto dell’industria del risparmio e degli investimenti e la larghissima maggioranza dei ricavi, 3,7 miliardi di euro, il 70%, viene dal risparmio gestito e dai prodotti assicurativi, quindi ricorrenti».
In generale, l’Italia è il quarto mercato più ampio dell’Europa Occidentale, con circa 3,9 miliardi di euro in attività finanziarie nel 2016. Di questi, 900 miliardi (circa il 20%) sono posseduti da individui con più di un milione di dollari in attività finanziarie, che costituiscono i potenziali clienti di questo comparto. Le banche private italiane hanno raggiunto un tasso di penetrazione su questo segmento molto alto, pari all’86%, ovvero circa 800 miliardi di dollari.
La forza e il successo del modello tricolore sono confermati anche dalla profittabilità espressa dal settore, ben superiore alla media europea (35 punti base sulle masse contro 25 punti in Europa). L’Italia, evidenzia lo studio, è un mercato maturo e per questo motivo la crescita attesa della ricchezza risulta inferiore rispetto ad altre regioni: 2,9% all’anno contro la
media europea del 4,4%. Ma per mantenere lo stato di buona salute di cui gode, osserva Gennaro Casale, partner di The Boston Consulting Group, «i player del settore dovranno individuare le opportunità e capire le tendenze e le innovazioni, in modo da consentire all’industria di proseguire nel proprio percorso di sviluppo a sostegno dell’economia del Paese».
RICCHEZZA POLARIZZATA
Una tendenza globale, evidenzia la ricerca, è la concentrazione della ricchezza nei segmenti di clientela più alti. In particolare, il peso della ricchezza detenuta dalla fascia “a luent” a livello globale si è ridotto dal 61% nel 2011 al 55% di oggi a favore di un incremento della quota detenuta dalla fascia private, mentre nel 2021 più della metà della ricchezza finanziaria mondiale (il 51%) sarà in mano a chi è già ricco, cioè ha almeno un milione di euro di patrimonio.
Il 13% (+3% rispetto a oggi) sarà dei “supericchi” che dispongono di oltre 50 milioni, la stessa quota (+1%) di chihaunpatrimoniotrai10ei50 milioni, il 25% (+2%) di chi dispone tra uno e 10 milioni. Tutto il resto della popolazione potrà contare sul 49% della ricchezza finanziaria globale, in forte calo: la quota di chi non può dirsi ricco era al 61% nel 2011 e al 55% l’anno scorso.
L’Italia non fa eccezione, sebbene con intensità significativamente inferiore rispetto ad altri Paesi: la ricchezza si concentra anche nel nostro Paese nelle fasce più alte ma in maniera più lenta e graduale. Secondo la ricerca, nel 2021 la disponibilità totale sarà per il 6% nelle mani dei “supericchi”, per il 3% di chi ha fino a 50 milioni, per il 15% di chi dispone fino a 10 milioni, il 76% del resto della popolazione, in calo dall’82% del 2011.
Guardando al dettaglio della segmentazione della clientela per fasce patrimoniali, in Italia lo studio evidenzia una minore focalizzazione del servizio sulla fascia più alta (solo l’1% di clienti e il 27% delle masse gestite) a favore della fascia di clienti con patrimonio finanziario compreso tra 1 e 10 milioni di dollari (HNWI) che detengono il 50% delle masse gestite.
In questo contesto, se guardiamo al mercato di riferimento tradizionale la maggior parte dei clienti target è già stata raggiunta ma ampliando lo sguardo «potremmo estendere e ridisegnare il concetto di mercato potenziale del private…
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