Private debt, nel 2020 in Italia più operazioni ma meno raccolta. Il report
L’anno scorso sono aumentate del 62% le operazioni di private debt in Italia condotte dai fondi specializzati (410, distribuite su 320 aziende). La raccolta, però, è scesa del 24%, attestandosi a 293 milioni di euro contro i 385 milioni del 2019.
E’ quanto emerge dai dati sul settore presentati da Aifi (associazione italiana del private equity, venture capital e private debt) e Deloitte, dai quali emerge che, escludendo le piattaforme di lending e altri soggetti non strutturati come fondi, il 91% delle operazioni è stata caratterizzata da un taglio medio inferiore ai 10 milioni di euro, per una durata media di cinque anni e quattro mesi; il tasso d’interesse medio è stato pari al 3,8%.
Quanto alla tipologia di investitori, il 64% del capitale raccolto è arrivato da assicurazioni, il 24% da fondi di fondi istituzionali e il 10% da banche. Inoltre, il 90% dei capitali raccolti proveniva dall’Italia.
In discesa anche gli investimenti (-9%): nel 2020 sono stati investiti 1,197 miliardi di euro, contro 1,322 miliardi del 2019. Il 50% dell’ammontare è stato investito da soggetti internazionali, che hanno tuttavia realizzato il 10% del numero di operazioni (escludendo l’attività delle piattaforme di lending), segno che gli investitori esteri si sono concentrati sulle operazioni di maggiore taglia.
Il 49% delle operazioni di private debt del 2020 è stato a favore delle pmi (aziende dal fatturato inferiore ai 50 milioni). Stabile il numero di operatori di private debt attivi: 31, contro i 30 del 2019. Complessivamente, il 70% delle operazioni è rappresentato da sottoscrizioni di finanziamenti, il 28% obbligazioni e il 2% ha riguardato strumenti ibridi.
A livello geografico domina ancora la Lombardia (22%), seguita dal Veneto con il 14% e dal Lazio con il 9%. Con riferimento alle attività delle aziende finanziate, al primo posto con il 33% degli investimenti troviamo i beni e servizi industriali, seguono l’Ict con il 15% e il manifatturiero–alimentare con l’11%.
Nel corso del 2020, sono state 130 le società che hanno effettuato rimborsi (+25% rispetto alle 104 del 2019), per un ammontare pari a 400 milioni di euro (324 milioni l’anno precedente, +23%). Sempre nel 2020, il 41% dell’ammontare ha riguardato rimborsi anticipati a seguito di un rifinanziamento, mentre a livello di numero hanno prevalso i rimborsi come da piano di ammortamento (79% del totale).
“La pandemia ha rallentato l’attività di raccolta dei nuovi veicoli di private debt. Questo allungherà i tempi di chiusura dei nuovi fondi. Il dato positivo della crescita nelle sottoscrizioni dimostra come il capitale di debito sia uno strumento che può avere un ruolo di supporto e rilancio dell’economia reale, soprattutto per tutte quelle aziende che, nonostante le difficoltà del 2020, hanno puntato su investimenti e crescita. Per questo motivo occorre incentivare il fundraising di questi veicoli, che andranno sempre più a implementare la fondamentale attività di credito degli istituti bancari”, ha commentato Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi.
Anna Gervasoni, direttrice generale di Aifi, ha segnalato che i fondi di private debt sono affiancati da: basket bond (450 milioni di raccolta), transazioni sui crediti deteriorati (quelle sugli utp sono state pari a 9,4 miliardi di euro); crediti erogati dalle fintech italiane (1,7 miliardi a 5.500 imprese); lending crowdfunding; emissioni quotate su ExtraMot Pro3 (23 strumenti emessi da 16 aziende, per un totale di 188 milioni).
A livello europeo, nel private debt domina la Gran Bretagna con 86 operazioni (il 36% del totale), seguita da Germania e Francia, ha spiegato Andrea Azzolini, director di Deloitte Corporate Finance Debt Advisory. Il settore di riferimento delle emittenti di private debt a livello europeo è la tecnologia, mentre in Gran Bretagna prevalgono infrastrutture e servizi professionali. Deloitte intravede segnali positivi di crescita e di forte ripresa del mercato europeo, oltre che un cambiamento dell’approccio degli istituti di credito al private debt: se prima era considerato alternativo alle banche, oggi queste ultime lo vedono come un alleato per fornire un’offerta di credito equilibrata e compatibile con sempre più stringenti requisiti di capitale.
Antonio Solinas (nella foto), amministratore delegato di Deloitte Italia Financial Advisory, infine, ha spiegato: “Le aziende che hanno incontrato difficoltà in questo anno di pandemia si sono necessariamente dovute confrontare con nuovi soggetti finanziatori e diverse strutture finanziarie, anche a fronte di minore disponibilità da parte del sistema bancario a finanziare situazioni di calo di business. Il mercato del private debt europeo ha registrato 152 transazioni nel corso dell’ultimo trimestre, sostanzialmente in linea con l’esercizio precedente, nonostante gli effetti della crisi sanitaria. Le aziende si trovano di fronte alla necessità di strutturarsi diversamente da un punto di vista finanziario al fine di farsi trovare pronte a fine crisi con una concorrenza in forte ripresa; sotto questo aspetto gli strumenti di alternative lending possono consentire alle aziende di ridefinire la struttura di capitale in modo più efficiente ed essere quindi più competitive”.