Private equity, 23 operatori dominano la metà del mercato

Sono 23 gli operatori di private equity che hanno realizzato il 50% dell’intera attività d’investimento nel 2016, rispetto ai 26 del 2015, segnando una maggiore concentrazione del mercato. In particolare Hellmann&Friedman è risultato l’operatore più attivo, chiudendo con 5 operazioni (tutte di tipologia add-on). Seguono, con 3 investimenti, Aksìa, Alto Partners SGR, Ardian, Consilium SGR ed Investindustrial. 

A rilevarlo è il sedicesimo Rapporto dell’Osservatorio Private Equity Monitor – PEM della LIUC – Università Cattaneo realizzato in collaborazione con EOS Investment Management, EY, Fondo Italiano di Investimento SGR e McDermott Will & Emery Studio Legale Associato. 

I buy out confermano la leadership di mercato

Guardando ai dati, il 2016 conferma la tendenza già registrata nell’ultimo triennio (dopo la parentesi del 2011 e del 2012), con una netta prevalenza delle operazioni di Buy out, che si attestano al 77% delle preferenze, in linea rispetto all’anno precedente. In ripresa, seppur faticosa, gli Expansion con una quota del 22% rispetto al 17% del 2015 (rappresentavano il 35% del mercato nel 2014). Il residuo 1% del mercato è costituito dai Turnaround, mentre non sono stati mappati interventi di Replacement. Entrambe queste categorie risultano in calo rispetto al 2015. Anche se molto probabilmente con modalità differenti rispetto a quanto avvenuto in passato, questo dato conferma come gli operatori continuino ad indirizzare l’attenzione verso operazioni in cui l’acquisizione della maggioranza consenta sia una massimizzazione dei rendimenti, sia un approccio in linea con le professionalità maturate nel tempo, pur in presenza di una leva finanziaria ormai da qualche anno sempre piuttosto contenuta. 

Sempre con riferimento alla tipologia di deals realizzati, sono stati registrati 23 add-on (23% del mercato complessivo), in aumento rispetto al dato del 2015 (21 operazioni, 19% del mercato), a conferma di un ruolo ormai consolidato assunto dai progetti di aggregazione industriale nel settore.  

Le imprese familiari le più ricercate

In termini di deal origination, non emergono novità rispetto agli ultimi anni: le imprese private e familiari continuano a rappresentare la maggior parte delle opportunità di investimento e, anzi, registrano un incremento significativo rispetto allo scorso anno (70% vs 61%). Diminuiscono rispetto all’anno precedente le cessioni di rami d’azienda da parte di gruppi nazionali (8% rispetto al 13%).

Confermano la propria rilevanza i Secondary Buy out, pur in leggera contrazione rispetto al 2015 (16% rispetto al 20%). In lieve riduzione, invece, la cessione di quote di minoranza tra operatori (3%). Si sono registrate, invece, al contrario dell’anno precedente, cessioni di rami d’azienda di imprese straniere (3%).

Resta costante la dimensione media delle imprese target 

Con riferimento alle caratteristiche economico-finanziarie delle imprese target e, quindi, al volume di ricavi, il dato mediano risulta pari a 39,8 milioni di euro, in contenuto aumento rispetto al valore del 2015. Il 69% degli investimenti è indirizzato verso imprese che non superano un fatturato di 60 milioni di euro, in aumento rispetto a quanto registrato lo scorso anno (63%), ma cresce il peso delle realtà tra 31 e 60 milioni di Euro (21% vs 16%). I deal su aziende di grandi dimensioni hanno rappresentato l’8% del mercato, in aumento rispetto al 2015. 

Aumentano leggermente i multipli di ingresso

Da ultimo, una ulteriore evidenza è relativa al multiplo sull’EBITDA, che ha registrato un valore mediano pari a 7,9x. Tale dato risulta in contenuta crescita rispetto allo scorso anno (7,7x). Il valore mediano di Enterprise Value delle società oggetto di acquisizione si è attestato intorno agli 81,5 milioni di Euro, in leggero aumento sul dato dell’anno precedente (79,5 milioni di Euro), evidenza che trova solo in parte spiegazione nelle maggiori dimensioni medie delle target, sia a livello di revenues, sia a livello di numero di dipendenti (108, rispetto agli 89 del 2015)

La Lombardia ed i prodotti per l’industria si confermano ai primi posti

Sul fronte della distribuzione geografica delle imprese target, la Lombardia, regione che da sempre risulta essere il principale bacino per gli operatori, nel corso del 2016 ha rappresentato il 39% del mercato. Seguono a distanza il Veneto (14% del totale), Piemonte ed Emilia Romagna (10%). Il Veneto, in particolare, raddoppia la propria quota rispetto al 2015.

Nel Mezzogiorno, si sono chiuse cinque operazioni (quasi il doppio del 2015), di cui quattro in Campania e una in Puglia. Per quanto concerne i settori d’intervento, il 2016 conferma l’ormai consolidato interesse degli operatori verso i prodotti per l’industria (27%, in linea con lo scorso anno) e la tenuta del comparto dei beni di consumo, seppur con una percentuale più contenuta rispetto agli scorsi anni, fattore che favorisce l’avanzata di settori quali alimentare, servizi finanziari, commercio all’ingrosso e al dettaglio, utilities, ma soprattutto cura della persona (dal 5% al 10%).

 

Noemi

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