Sga cambia nome in Amco e chiude il semestre con asset per 20,6 miliardi

Sga, l’ex bad bank del Banco di Napoli guidata dall’amministratore delegato Marina Natale (nella foto) chiude il semestre con asset in gestione per 20,6 miliardi e un utile di 8 milioni (da 48 milioni nell’intero 2018), e cambia nome ribattezzandosi Amco, Asset Management Company.

La società del Tesoro, nata alla fine degli anni ‘90 per gestire gli asset in sofferenza della banca partenopea, al 30 giugno contava 211 dipendenti, da 144 a fine 2018 e 71 un anno prima, un incremento di organico resosi necessario dopo la presa in gestione dei crediti deteriorati delle due banche venete messe in liquidazione nel 2017.

I ricavi raggiungono i 23,3 milioni, rivenienti da commissioni di servicing per la gestione del portafoglio crediti delle banche Venete: le commissioni si compongono di Master Servicing fees e di Special Servicing Fees relative sia a crediti deteriorati sia a cartolarizzazioni.

I costi totali ammontano a 20,1 milioni, di cui 12,1 milioni relativi ai costi del personale e i rimanenti 8 milioni relativi ad altri costi amministrativi. La progressione dei costi è dovuta alle spese legate alla trasformazione e alla nuova dimensione della società: i costi dovuti alla trasformazione della struttura rappresentano i due terzi dei costi totali.

Il patrimonio netto ammonta a 786 milioni e il coefficiente CET1 è pari al 17,4%, ampiamente superiore ai requisiti minimi previsti dalla normativa (8%) e al di sopra del 12,1% di fine 2018. Anche il Total Capital ratio è pari al 17,4%, non essendo presenti in bilancio obbligazioni subordinate.

“I risultati dei primi sei mesi del 2019 confermano la validità del nostro modello; la trasformazione della struttura è conclusa e siamo pronti per un’ulteriore crescita del business. Nell’ultimo anno SGA si è infatti trasformata da una realtà storica in una realtà dinamica e innovativa, con nuove infrastrutture tecnologiche e professionalità specialistiche”, ha commentato Natale. “Abbiamo ampliato il nostro ambito di operatività dal mero recupero delle posizioni di credito “gone concern”, cioè sofferenze, alla gestione proattiva delle posizioni “going concern”, gli utp,  finalizzata al riequilibrio della situazione finanziaria di aziende e privati”, ha aggiunto.

Ora anche il cambio di nome che “rispecchia la nostra volontà di ricoprire un ruolo di rilievo nel settore degli NPE in Italia per tutti i nostri stakeholder, banche e debitori, investitori e partner”,

Noemi

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