Vc Hub avvia dialogo col governo. Boni: “Estendere misure anche a startup” – AUDIO
Estendere alle startup e alle pmi innovative le misure del decreto e il lancio di uno “Startup Emergency Act” per fare in modo che anche le imprese o neo tali non rischino di andare in crisi di liquidità.
L’appello è lanciato dall’associazione VC Hub Italia, presieduta da Fausto Boni (nella foto) che ha effettuato una ricognizione con i propri associati e le startup del portafoglio sull’impatto dell’emergenza Covid-19 in questo momento e nei prossimi mesi, e in particolare del lockdown attuato dal governo per combattere la diffusione del virus.
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“Riteniamo che in assenza di misure rapide e tempestive si verificherà una percentuale di default molto rilevante con ingenti perdite di capitali, posti di lavoro e know-how accumulato in diversi anni”, spiega Boni, che aggiunge di aver “avviato un dialogo con il governo e il ministero per l’Innovazione”.
Vogliamo portare all’attenzione del Governo l’importanza dei tempi di implementazione delle misure che verranno attuate visto che qualsiasi misura se non attuata con la massima urgenza potrebbe risultare comunque poco efficace o addirittura inutile.
In generale, l’associazione propone di estendere alle startup e Pmi Innovative tutte le misure previste nel decreto Cura Italia da cui sono oggi di fatto in gran parte escluse. In modo particolare il “diritto di sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria (Art 61); la sospensione degli adempimenti o versamenti fiscali e contributivi, rimuovendo limite a 2 milioni di fatturato di esercizio 2019 (Art 62) e la possibilità di usufruire (in compensazione su F24 di mese successivo) di un credito d’imposta per le spese sostenute da startup o PMI innovative per l’affitto di immobili ad utilizzo di ufficio (Art 65).
L’associazione propone inoltre misure eccezionali temporanee volte a garantire sopravvivenza alle startup lanciando uno “Startup Emergency Act” con una serie di provvedimenti dedicati al settore.
Fra questi c’è ad esempio l’erogazione di contributi a fondo perduto per copertura di una quota di costi fissi delle startup più specificamente impattate dal periodo di lockdown legato a politiche di contenimento messe in atto. La percentuale di copertura di costi fissi potrà essere modulata in tre fasce, 30% – 50% -80%, in funzione della gravità dell’impatto. Tale attribuzione dovrà essere delegata a apposito comitato d’urgenza istituito immediatamente sotto coordinamento di Cdp. Poi c’è l’emissione di prestiti “convertendo” per un rapporto pari a quattro a uno: “Ogni startup che dovesse ottenere finanziamenti da investitori a partire da febbraio 2020 in strumenti equity o quasi equity (inclusi bridge financing o versamenti in conto capitale) potrà accedere a finanziamenti per una ammontare pari a quattro volte rimborsabili o convertibili a 10 anni al maggiore tra il valore dell’equity al momento dell’erogazione e il valore dell’equity alla scadenza, con clausola di rimborso accelerato in caso di change of control intervenuto nel frattempo”, spiega la nota.
Fra le proposte anche un regime esenzione iva per le startup che dimostrano di avere costi superiori a ricavi, l’istituzione di un credito di imposta pari a 50% di tutte le spese di R&D sostenute da startup e pmi Innovative, l’introduzione di una cassa integrazione straordinaria (totale o parziale) che consenta di coprire fino al 70% dei salari e una moratoria temporanea di 12 mesi per le linee di credito in essere tra startup e pmi Innovative e banche.
Inoltre, per l’associazione sarebbe opportuno “implementazione misure strutturali necessarie già pre emergenza che in questo contesto diventano ancor più importanti”. Fra queste figurano ad esempio l’esenzione da applicazione del codice su crisi di impresa per startup e pmi innovative, aprire alle startup e PMI Innovative in albi fornitori autorizzati di tutte le aziende a partecipazione pubblica e portare la defiscalizzazione da 30 al 60% per investitori in startup innovative.
Il settore vale 650 milioni
In Italia il venture capital è in crescita: nel 2019, sono state realizzate 148 operazioni, rispetto alle 102 dell’anno precedente, per un totale di 597 milioni di euro investiti contro i 521 del 2018, secondo i dati del Venture Capital Monitor. Se si aggiunge l’attività dei business angel, secondo i dati Iban (associazione italiana business angels), pari a 53 milioni di euro su 88 deal, in crescita rispetto ai circa 40 milioni dell’anno precedente, l’ammontare complessivo della filiera early stage è pari a quasi 650 milioni di euro (dato VeM più dato Iban), distribuiti su 236 round di investimento. Nel complesso il numero degli investitori attivi (coloro che hanno condotto almeno un’operazione durante l’anno) si attesta a 130, a cui si aggiunge la categoria dei business angels, in crescita del 17% rispetto all’anno precedente.