Gli istituzionali puntano di più sugli alternativi. La ricerca di Mercer

Più alternativi e obbligazionario, meno real estate e azioni, con un occhio di riguardo alla sostenibilità. È questa la fotografia dell’asset allocation degli investitori istituzionali italiani nel 2019 scattata dall’indagine Mercer European Asset Allocation Survey 2019, la ricerca, alla 17esima edizione, che esamina le tendenze di allocazione delle risorse dei grandi investitori istituzionali, in particolare i fondi pensione.

Nel complesso, l’indagine ha coinvolto ben 876 portafogli europei, rappresentativi di 12 Paesi, per un totale di oltre 1.000 miliardi di euro di attività. La rappresentatività dell’Italia nella ricerca pesa quest’anno per l’8% del campione – pari a 80 miliardi di euro di risorse- , e ha visto la partecipazione all’indagine di Casse di previdenza (con un peso pari al 23%), Fondi pensione (sia negoziali che pre-esistenti, con un peso pari al 67% del campione) e Fondazioni di origine bancaria (con un peso pari al 10%) con spunti quantitativi e qualitativi circa le proprie scelte di allocazione strategica e tattica.

Alternativi al 27%
Ebbene, nei portafogli dei grandi investitori investitori italiani, il 27% degli investimenti sono alternativi (la ricerca include anche in bond high yield), in particolare absolut return (4,3%), private equity (2,3%) e private debt (3,5%).  Dalla ricerca emerge inoltre che il mercato italiano si dica pronto a muoversi alla ricerca di opportunità nei Private Markets: il 64% del campione punta sui risk premia dei Private, guardando sia al Private Equity che al Private Debt. Conservativo risulta invece l’approccio nei confronti degli Hedge Funds, con il 91% del campione italiano che non intende aumentare l’esposizione sugli Hedge Funds, neanche in forma Liquid Alternatives.

La quota di Alternatives è in costante crescita: nel 2014 le risorse destinate a questo tipo di investimenti erano il 6% e nel 2018 erano il 19%.  Se si considerano solo i fondi pensione, la quota di alternativi in portafoglio nel 2019 aumenta del 10%, al 34%, segno sia di una maggiore confidenza degli enti previdenziali verso questo tipo di investimenti ma anche di una spinta alla ricerca di rendimenti e la constatazione che ormai solo gli asset più rischiosi possono offrirli.

Un rischio che però è più evidente, almeno nel breve periodo, sull’obbligazionario, perché, spiega Marco Valerio Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia, “è l’asset class che subisce le maggiori oscillazioni”, soprattuto per via dell’attuale contesto di mercato che per Luca De Biasi, wealth business leader di Mercer Italia, presenta le caratteristiche della fine del ciclo: “Ci sono evidenze di eccessiva concessione di credito, con l’indebitamento che aumenta e la qualità creditizia che diminuisce, inoltre le clausole a tutela dei creditori stanno diventando sempre meno stringenti e l’uso di debito a fini speculativi sempre più evidente”. Basti pensare ad esempio che a livello globale i bond high yield, più rischiosi, sono arrivati a 1,7 trilioni di dollari, contro gli 1,1 del 2008). I tassi bassi e le politiche particolarmente proattive delle banche centrali non fanno che inasprire la situazione: per fare un esempio, il volume del debito a rendimento negativo ha toccato i 13 miliardi, il valore più alto. A questo va aggiunto che la duration aggregata di portafoglio non è mai stata così alta (8,2 anni circa), il che rende i portafogli molto sensibili agli eventuali variazioni dei tassi d’interesse. Ad esempio, spiega De Biasi, “un aumento dei tassi di 100 punti base può tradursi in un impatto  di 2,4-2-5 trilioni di dollari”. Gli investitori italiani di bond ne hanno il 37% (era il 35% lo scorso anno), meno della media europea del 53%. Di questi, i due terzi – cioè il 24% – sono bond governativi, il che, specificano da Mercer, mitiga un po’ il rischio sui bond.

Quando alle altre asset class, scende l’immobiliare al 9% dal 13% dello scorso anno anche se resta alto rispetto alla media Ue del 3% mentre cala l’azionario dal 28 al 25%. Solo il 50% del campione è  infatti convinto delle prospettive di crescita per il mercato azionario (almeno per il 2019). Di contro, gli Investitori Istituzionali italiani considerano il mercato del credito ancora interessante: il 73% del campione considera il credito societario un’interessante alternativa al mercato azionario.

Sebbene le allocazioni in asset azionari siano in diminuzione, nel trend tracciato dalle edizioni recenti dell’Asset Allocation Survey in tutta Europa sono cambiate anche in natura. È proseguito lo spostamento verso mandati azionari gestiti passivamente (Beta), con la percentuale media di partecipazione azionaria passiva dei piani in aumento medio al 55% nel 2019 (53% nel 2018). “Il trend della gestione passiva ha come driver principali il tema delle pressioni al ribasso sulle fee ed i costi, e riteniamo plausibile possa continuare nel prossimo futuro” osserva De Biasi.

Nel complesso, aggiunge Morelli, “guardando all’asset allocation possiamo dire che gli investitori italiani hanno un livello di sofisticazione degli investimenti e diversificazione al pari se non superiore rispetto ai colleghi europei e seguono sempre di più le best practice internazionali, al contrario di quanto spesso si crede”.  

La sostenibilità il filo conduttore
Oltre alle informazioni sulla strategia di investimento, l’indagine traccia l’integrazione dei fattori Environmental, Social e Corporate Governance (ESG) all’interno del processo d’investimento degli Istituzionali. In Italia, l’85% del campione dichiara di considerare i temi ESG nell’attività di investimento, un dato in significativa crescita rispetto all’edizione precedente e superiore a quello medio europeo, che si ferma al 55% (i dati 2018 si attestavano su valori meno importanti, pari al 56% e 40% rispettivamente). Per De Biasi, “in un contesto di informazione simultanea su scala globale, nel portare a contemplare criteri ESG nelle scelte di investimento, il rischio reputazionale tende ad assumere sempre maggiore importanza – come indicato dal 55% del campione italiano. Si tratta di un dato molto superiore al dato europeo, balzato anch’esso dal 18% del 2018 al 29%. È peculiare invece evidenziare come la pressione regolamentare – menzionata dal 56% dei rispondenti in Europa – sia nei pensieri solo del 45% del campione italiano. Mercer prevede che questa tendenza si rafforzerà, anche in Italia a seguito dell’introduzione della direttiva europea sulle pensioni (2017) IORPII e nel Regno Unito per effetto del Regolamento del Dipartimento del lavoro e delle pensioni (DWP) che entrerà in vigore nell’ottobre 2019”.

L’attenzione agli impatti di portafoglio dei fattori ESG è uno sviluppo positivo per il mercato. “Notiamo poi un rinvigorito focus anche dal punto di vista della stewardship (gestione aziendale) con circa il 27% dei rispondenti alla survey che prendono in considerazione il Proxy voting e le attività di engagement quando selezionano gestori di investimento”, spiega De Biasi. Un dato ancora maggiore per l’Italia, dove è pari a circa il 38%. Opportunità nel mondo degli investimenti sostenibili sono accessibili anche o principalmente attraverso i mercati privati (Private Equity, Infrastrutture), che consentono di finanziare società non quotate e progetti in grado di apportare reali benefici nella direzione di un’economia sostenibile e a basse emissioni.

Solo il 14% degli intervistati in Europa (15% in Italia) ha indicato che le decisioni di portafoglio sono guidate dalle sfide poste dai cambiamenti climatici (in lieve calo rispetto al 17% nel 2018), Mercer, anche in seguito alla pubblicazione della ricerca “Investing in a Time of Climate Change- The Sequel” si aspetta nel prossimo anno di vedere sempre più portafogli istituzionali impostati considerando il potenziale impatto dei cambiamenti climatici. Il tema della sostenibilità guadagna sempre maggiore attenzione tra gli investitori istituzionali europei, secondo l’indagine Mercer European Asset Allocation Survey 2019, con il 55% degli investitori istituzionali che ora prende in considerazione i rischi ambientali, sociali e di Governance (ESG) come parte del proprio processo decisionale sotteso alle scelte di investimento; dato in sensibile crescita rispetto al 40% rilevato nel 2018.

Noemi

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