Dalla felicità alla fiducia: gli aspetti personali che influenzano gli investimenti
di nicola barbiero*
Si dice sempre “la fiducia è una cosa seria e va conquistata di giorno in giorno”: un fattore da non sottovalutare per i Gefia che vogliono annoverare tra i propri sottoscrittori i fondi pensione. Un rapporto che va cercato, costruito e consolidato affinché si possa trasformare in una relazione di lunga durata. Tuttavia, distinguersi tra le varie offerte e tutti gli operatori del mercato non è semplice: proviamo a trovare una soluzione.
Ci siamo incontrati e ci siamo raccontati, abbiamo condiviso progetti e idee durante quello che è stato il primo evento nato dai temi trattati proprio in questo blog. È stata un’ottima occasione, quella dello scorso 13 novembre durante la Financecommunity Week (qui il racconto dell’incontro), per stimolare la discussione e il confronto tra gli operatori (asset owner e asset manager) dei private capital che ora, spero, possano dirsi po’ più vicini di prima, ma la strada da percorrere è lunga e siamo di nuovo qui per continuare a farlo insieme.
Proprio nell’ultimo articolo, pubblicato prima dell’evento, si è fatto riferimento all’importanza dell’elemento “fiducia”, un punto di contatto imprescindibile tra i due lati del mercato. Ma come tutti i legami anche questo è molto fragile, rischia continuamente di spezzarsi e, proprio per ciò, va costantemente rinforzato ed alimentato senza sottovalutarne l’importanza ed oggi proviamo, così come abbiamo fatto con la felicità, a darne una formulazione. Anche in questo caso ci aiuta Ryan Ponsford, principal a Akili Capital, che propone questa relazione:
F = (C+A+I) / S.O.
Una formula semplice che ci dice come la fiducia “F” corrisponda alla somma di “C” (credibilità e competenze), “A” (affidabilità) e “I” (intimità); il tutto diviso “S.O.” (la Self Orientation), in altri termini l’attitudine dell’interlocutore o delle figure a lui prossime (delle quali si fida) nel fare “da sé”. Penso che fosse già patrimonio comune che competenze e affidabilità siano elementi imprescindibili in un rapporto di fiducia: non c’è dubbio, infatti, che qualora una delle due o addirittura entrambi dovessero mancare, il risultato dell’equazione sarebbe molto basso. Ma spesso si sottovaluta l’importanza di un terzo elemento: l’intimità. Come posso investire del denaro a lungo termine se non conosco bene i manager che saranno responsabili del progetto? La risposta è, a mio parere, facile: non investo.
Costruire un rapporto personale con gli investitori istituzionali diviene centrale: una relazione che metta all’ultimo posto la “sottoscrizione del commitment” e che, al contrario, dia valore al legame personale e alla creazione di un collegamento che permetta di trasformare il rapporto professionale (elemento importante e che, secondo me, non deve mai mancare, sia chiaro) in una catena di fiducia.
Tutto ciò si scontra con la “self orientation” dell’investitore: un fattore che, con modalità e misure diverse, è sempre presente e che varia in base alla fiducia già costruita degli altri attori a lui vicini (advisor, persone di fiducia, ecc…).
Riuscire a incidere in questi due elementi significa aumentare la fiducia e, soprattutto, riuscire a emergere chiaramente e in modo duraturo nel mercato. Un processo che si sviluppa nel “day-by-day” e che richiede passione, dedizione ed investimenti, un percorso che fa emergere il proprio valore nel lungo periodo e dal quale nessun investitore istituzionale può prescindere.
Spesso il rapporto tra asset owner e asset manager viene descritto come un fidanzamento che, alla pari di ogni rapporto di coppia, si troverà inevitabilmente ad affrontare momenti di difficoltà e tensione che possono essere superati solo quando a legarli c’è un forte rapporto di fiducia, altrimenti si rischia di arriva alla separazione: estrema ratio sempre dolorosa per tutti.
*Cfo di un fondo pensione negoziale
Questo articolo fa parte del blog “Serve del catch up”, leggilo qui.