Mediobanca: cresce e la moda in Italia. Il settore vale 70,4 miliardi

Il 2017 ha confermato il trend di crescita del settore moda in Italia, un incremento minore rispetto agli anni precedenti (in particolare 2013,2014 e 2015), ma che contribuisce a rendere l’Italia il secondo Paese europeo, dopo la Francia, per volume d’affari in ambito fashion. Lo evidenziano i dati raccolti da Mediobanca e pubblicati nel Focus moda oggi 13 gennaio 2019.

Il fatturato aggregato delle aziende italiane, pari a 70,4 miliardi di euro, evidenzia un buon incremento rispetto al 2013 (+28,9%), dovuto in buona parte alle ottime performance del 2015 (+9,9%) e del 2014 (+7%). Più contenuto il ritmo di crescita nell’ultimo anno (+4,5%). Il settore ha un impatto crescente sul nostro paese: nel 2017 ha rappresentato infatti l’1,3% del pil nazionale, contro l’1,1% del 2013. Tra i comparti domina l’abbigliamento, che totalizza il 40,5% dei ricavi totali, seguito dalla pelletteria (20,9%) e dall’occhialeria (16,2%).

La gioielleria spicca, invece, per crescita media annua delle vendite nel 2013-2017, segnando un +13,3% che supera il +11% della distribuzione e il +6,3% del tessile. Complessivamente le aziende italiane di moda hanno visto crescere le proprie vendite annuali mediamente del +6,6% nel 2013-2017, nonostante il lieve calo della redditività (l’ebit margin è passato dal 9,6% del 2013 all’8,9% del 2017).

Il fatturato estero, sempre più determinante nei bilanci delle aziende analizzate, si attesta nel 2017 al 63% delle vendite totali (+22,9% sul 2013), quota superiore a quella registrata dalle principali società manifatturiere italiane (56,7%). A livello settoriale risultano più orientati ai mercati esteri l’occhialeria (89,8%), il tessile (72,5%) e la pelletteria (66,1%).

I segnali di crescita del settore sono confermati anche dall’andamento dell’occupazione: nel 2017, grazie ai 59.800 nuovi dipendenti (+19,7% sul 2013 e +4% sul 2016), il business del fashon può contare su quasi 363.000 lavoratori. Distribuzione (+26,8%, +8.000 unità), pelletteria (+26,7%, +11.000 unità) e abbigliamento (+22,4%, +28.000 unità) i comparti che hanno espanso maggiormente i propri organici.

Capitolo utili: le aziende italiane di moda hanno messo a segno un incremento dell’incidenza dell’utile netto sul fatturato, che ha superato il 4,2% del 2013 fino ad arrivare al 5,3% del 2017, grazie anche alla diminuzione del carico fiscale (tax rate passato dal 41% del 2013 al 25,1% del 2017). A livello generale, i profitti netti cumulati nel 2013-2017 sono stati pari a 15,8 miliardi di euro, in costante progressione nei cinque anni in esame. Il 2017 ha fatto registrare la cifra record di 3,8 miliardi, con utili netti medi giornalieri per azienda pari a 63.000 euro (erano 38.000 nel 2013).

La bassa incidenza del debito finanziario sui mezzi propri (33,7% nel 2017) rende le imprese italiane del settore moda molto solide, con abbigliamento e pelletteria che fanno segnare gli indicatori migliori (rispettivamente 28,9% e 34,3%). Gli stessi comparti si distinguono anche per liquidità: il rapporto tra disponibilità e debiti finanziari è pari al 125,2% per l’abbigliamento (sopra la media di 86,2% dell’intero sistema moda) e all’85,2% per la pelletteria.

Le Top15 europee

Delle 163 aziende italiane, 15 hanno un fatturato superiore a 900 milioni di euro e rientrano nell’analisi dedicata alle grandi imprese europee della moda. Il confronto tra le Top15 europee e le restanti 148 aziende italiane evidenzia spunti interessanti. In generale, le Top15 sfruttano il proprio vantaggio competitivo sulle altre società, distinguendosi per redditività (ebit margin all’11,6% contro il 6,8% delle altre aziende) e liquidità (l’incidenza della liquidità sull’indebitamento finanziario è del 139,8% per le Top15 contro il 52,2% delle altre). Le 148 società “follower” rispondono con una maggiore crescita media annua dei ricavi tra 2013 e 2017 (+9,5% contro il +3,5% delle Top15).

Inoltre le Top15, che nel 2013 godevano di una fortissima concentrazione dei profitti (avevano generato il 77,7% dei profitti aggregati), hanno perso parte di questo strapotere. Nel 2017 la quota dei profitti aggregati si è ridotta fino al 56,2%, portando a una sostanziale equi-distribuzione degli utili netti tra aziende leader e follower.

I dati relativi all’affidabilità creditizia dimostrano come la disparità fra le aziende del sistema moda Italia sia in affievolimento. Tra il 2013 e il 2017 è diminuita del 32% la quota di aziende fragili e aumentata del 15% quella delle imprese investment grade. Anche la probabilità di fallimento delle imprese fragili è diminuita (-20%), mentre quella delle imprese investment grade è aumentata del 12%. In altre parole, le aziende solide appaiono un po’ meno solide e le rischiose un po’ meno rischiose, delineando un quadro più omogeneo.

L’Italia è il paese con più aziende attive nel settore in Europa

Nel periodo 2013-2017, i 43 principali gruppi europei della moda hanno registrato ricavi aggregati per 226,2 miliardi di euro (+33% sul 2013). Nonostante l’Italia con le sue big 15 sia il paese più rappresentato a livello numerico (oltre un terzo del totale), è la Francia, con il 30,3% del fatturato aggregato, ad aggiudicarsi il primato per giro d’affari (favorita anche dal formidabile apporto dei marchi italiani acquistati dai colossi francesi). Sul podio anche Italia (13,4%) e Spagna (13%), entrambe doppiate dalla Francia.

Tra i gruppi principali, il gigante francese LVMH, con 70 marchi in cinque diversi comparti, si conferma leader assoluto per dimensioni (con un fatturato pari a 42,6 miliardi di euro). Inseguono a grande distanza il gruppo spagnolo Inditex che controlla Zara (25,3 miliardi), il tedesco Adidas (21,2 miliardi), lo svedese H&M (20,3 miliardi) e l’altro francese Kering, proprietario, fra gli altri, di Gucci e Bottega Veneta (15,5 miliardi). Luxottica (9,2 miliardi), primo tra gli operatori italiani, si posiziona al settimo posto, mentre il gruppo Prada (3,1 miliardi) è quattordicesimo. La crescita media annua del fatturato nel 2013-2017 fa sorridere le aziende italiane: Valentino (+22,2%) e Moncler (+19,7%) sono rispettivamente seconda e quarta nella classifica dominata dalla danese Pandora (+26,1%). Al terzo posto si inserisce la francese SMCP (+21,5%).

L’Europa ha realizzato un tasso medio annuo di incremento del fatturato del 7,4% nel 2013-2017. In questo contesto spiccano Danimarca (+13,6%) e Spagna (+10,1%), le uniche ad
andare in doppia cifra. Sotto la media europea, invece, Regno Unito (+5%) e Italia (+3,5%). In calo la redditività, con l’ebit margin europeo che si attesta a quota 15,3% nel 2017 (era al 17% nel 2013). Anche qui sono i gruppi danesi (22,6% nel 2017) a dominare la classifica, seguiti stavolta dalle compagnie francesi (19,6%). Gli operatori italiani (11,6%) sono costretti a inseguire, rimanendo però davanti agli ultimi in graduatoria, i tedeschi (10%).

Export: in Italia raggiunge il 78,3%

Un aspetto distintivo anche dei maggiori gruppi europei della moda è la loro proiezione internazionale. Nel 2017 in media l’85,2% delle vendite è realizzato al di fuori del paese di origine. I francesi, con l’87,7%, sono davanti a tedeschi (83,6%) e spagnoli (82,3%). L’Italia, col suo 78,3%, dimostra di avere un export con all’orizzonte buoni margini di sviluppo globale. Abbondantemente sotto la media le aziende britanniche (52,8%), influenzate dalla presenza di gruppi come Arcadia e New Look che operano in buona parte sul mercato domestico.

A livello europeo il settore sfiora, infine, il milione di occupati. Nel 2017 i 43 operatori europei hanno dato lavoro a quasi 990.000 persone (+190.000 unità sul 2013). I gruppi italiani si mettono in luce per aver incrementato la forza lavoro di oltre 30.000 unità, secondi soltanto agli spagnoli che hanno ampliato il proprio organico di 48.000 unità (riferibili in gran parte al gruppo Inditex, +44.700 unità), ma davanti ai francesi (+20.300 unità).

Le principali operazioni

Nell’ultimo periodo il mondo dell’industria fashion ha registrato un numero importante di operazioni m&a. Nei primi nove mesi del 2018 – come riportato da MAG in questo numero –  a livello globale i deal raggiunti sono stati 13 per un valore complessivo di 4,6 miliardi. Le più importanti, per quanto riguarda le aziende italiane, l’acquisizione di Versace da parte di Michael Kors per 1,83 miliardi, la cessione del 41,2% di Missoni al fondo FSI Sgr per 70 milioni e la cessione del 65% di Forest al Progressio Sgr per 43 milioni.

Di recente è stata completata l’operazione di vendita del 60% di Trussardi alla società di gestione del risparmio QuattroR, per cui è previsto un finanziamento di 50 milioni (leggi qui la notizia).

Noemi

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