Intesa Sanpaolo, Ubi lascerà Piazza Affari il 18 settembre. Atteso maxi-domino finanziario

Ubi Banca abbandonerà il listino di Piazza Affari il 18 settembre. E’ quanto annunciato da Intesa Sanpaolo, che ha comunicato il calendario dell’iter per l’adempimento dell’obbligo di acquisto dei titoli del gruppo bancario ora guidato da Gaetano Micciché, ricordando che le azioni non apportate all’offerta di acquisto e scambio sono pari al 9,8164% del capitale.

L’offerta, si legge in un comunicato, comincerà il 24 agosto e terminerà l’11 settembre. Il delisting di Ubi è previsto per il 18 settembre, sempre che Intesa Sanpaolo non raggiunga un’altra soglia chiave, pari al 95% delle azioni Ubi; in questo caso, Borsa Italiana disporrà la sospensione delle azioni di Ubi, tenendo in considerazione i tempi previsti per l’esercizio del diritto di acquisto delle azioni residue da parte del gruppo guidato da Carlo Messina.

Come già comunicato, il corrispettivo massimo in contanti che Intesa Sanpaolo verserà agli azionisti Ubi ammonta a 397.525.674,14 euro.

La pubblicazione del documento sulle tappe dell’integrazione con Ubi costituisce l’occasione per Intesa Sanpaolo di ribadire che l’operazione non cambia le previsioni contenuto nel piano di impresa, ovvero un utile netto non inferiore a 3 miliardi quest’anno e a 3,5 miliardi nel 2021, “assumendo un costo del rischio potenzialmente fino a circa 90 centesimi di punto per il 2020 e fino a circa 70 centesimi di punto per il 2021”.

Il gruppo guidato da Messina conferma la politica di dividendi, “che prevede la distribuzione di un ammontare di dividendi cash corrispondente a un payout ratio pari al 75% dell’utile netto per l’esercizio 2020 e al 70% per l’esercizio 2021, subordinatamente alle indicazioni che verranno fornite dalla Bce in merito alla distribuzione di dividendi successivamente all’1 gennaio 2021, termine della raccomandazione del 28 luglio scorso”. Confermata l’intenzione di distribuire l’utile non distribuito sull’esercizio 2019 e allocato a riserve.

Intesa Sanpaolo, inoltre, conferma un coefficiente patrimoniale Common Equity Tier 1 ratio a regime pro-forma atteso superiore al 13% nel 2021, “anche considerando l’acquisizione di Ubi Banca e la potenziale distribuzione cash da riserve”.

Il gruppo risultante dall’integrazione avrà un utile netto non inferiore a 5 miliardi nel 2022. In ogni caso, entro la fine dell’anno prossimo verrà presentato un nuovo piano d’impresa.

IL TRIONFO DI MEDIOBANCA E LE PROSSIME MOSSE

Si avvia, dunque, al rush finale un’operazione che cambia il panorama delle banche italiane e preannuncia ulteriori scossoni. Per quanto riguarda gli advisor finanziari coinvolti, certamente l’acquisizione di Ubi da parte di Intesa Sanpaolo costituisce il fiore all’occhiello per Mediobanca, che ha visto al lavoro Francesco Canzonieri (nella foto) alla guida di un team formato da Francesco Rossitto, Egidio Imbrogno e Damiano Ventola, per il team M&A, e Francesco Spila ed Eugenio Cannucciari, per il team di ECM.

Ma la partita è stata talmente ampia e complessa da coinvolgere una folta schiera di advisor.

Mediobanca è al fianco anche di Banca Monte dei Paschi di Siena nella valutazione delle alternative strategiche, e Canzonieri e il suo team possono ragionevolmente affermare di essersi ritagliati il ruolo di regista di questa fase del riassetto del sistema bancario italiano.

Ieri, un’intervista dell’amministratore delegato Giuseppe Castagna ha messo le ali a Banco Bpm, che, per ammissione dello stesso manager, alla luce di Intesa-Ubi, è costretta a guardarsi attorno. Il mercato pensa a un’integrazione con Mps o con Carige, ma fra gli analisti c’è chi non esclude una mossa aggressiva da parte di UniCredit, sebbene Jean Pierre Mustier abbia espressamente negato operazioni di m&a.

E poi c’è Mediobanca, altro titolo ieri in fiamme in vista del via libera della Bce alla crescita nel capitale, fino al 20%, da parte di Leonardo Del Vecchio. Gli smottamenti in Piazzetta Cuccia si ripercuoteranno fatalmente su Generali, con un effetto a cascata sul settore assicurativo e sul risparmio gestito, ovvero un totale rimescolamento del panorama finanziario tricolore.

Lo avevamo scritto nel gennaio scorso, immaginando le dieci partite finanziarie che avrebbero caratterizzato il 2020. Poi è arrivato il cigno nero, nientemeno che una pandemia globale. Ma, non appena il mercato ha cominciato a intravedere un ritorno alla normalità, a un quadro economico-finanziario quanto meno stabile, i movimenti carsici sono tornati in superficie. Ci aspettavano che la prima tessera del domino potesse farla cadere Del Vecchio; invece, Messina ha sorpreso tutti e aggredito il mercato prima che lo facessero altri. Ma la sostanza è la stessa e l’impatto del Covid-19 probabilmente non farà altro che accelerare le dinamiche. Il risiko delle banche (e forse anche delle compagnie assicurative e delle società di risparmio gestito) è appena cominciato.

Noemi

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