Dalla teoria alla pratica nella due diligence

di nicola barbiero*

 

 

Negli ultimi approfondimenti abbiamo condiviso il ruolo della felicità e della fiducia nel rapporto tra LPs e GPs e abbiamo poi evidenziato le specificità del mandato fiduciario e l’importanza della corretta valutazione di ogni strumento d’investimento. Temi rilevanti, alcune volte sottovalutati, che permettono un passo avanti nel descrivere il complesso processo di due diligence.

Durante la fase di investimento ci troviamo, spesso, a valutare una pluralità di opportunità che, una via l’altra, arrivano sul nostro desk come uniche e irripetibili con ritorni attesi elevati e superiori a qualsiasi benchmark di mercato: situazioni che l’investitore istituzionale è abituato a gestire nella sua attività quotidiana. Normalmente il primo approccio all’analisi di un nuovo prodotto è focalizzato su temi quantitativi, spesso oggettivi e che, nell’ampia offerta, permettono una prima e veloce analisi ad esempio sui risultati ottenuti (il famoso track record), sul profilo commissionale, sulla corrispondenza tra la politica d’investimento del GEFIA e i target ricercati dell’investitore. Un passaggio necessario affinché quest’ultimo (l’investitore) possa dedicare il proprio tempo al successivo e, forse più importante, step: quella che solitamente individuo come la due diligence qualitativa. Una fase durante la quale è richiesto all’investitore un approccio diverso per ricercare e verificare se i gestori del FIA possiedono quelle “soft skills” ritenute importanti se non necessarie per dare solidità e consistenza al progetto presentato. Si sottolinea spesso l’importanza delle persone nei private markets e, in questo senso, diventa centrale il valore umano che ciascun manager apporta, in qualità di professionista del settore, nella propria attività di investimento. Un aspetto degno di particolare attenzione nel corso delle verifiche preliminari all’investimento. L’analisi qualitativa dovrebbe permettere quindi, di dare anima ai freddi ed obiettivi numeri emersi durante lo step quantitativo che, altrimenti, rischiano di essere interpretati in modo poco efficiente e portare a valutazioni forvianti.

Come nelle intenzioni di questo blog, proviamo a passare dalla teoria alla pratica cercando di dare alcuni spunti che possano permettere ad un investitore istituzionale di sviluppare la due diligence quantitativa: come prima cosa ritengo importante iniziare a conoscere i manager del GEFIA. Attenzione non intendo conoscere “di nome”, “di viso”, o la precedente esperienza professionale ma iniziare a conoscere veramente la persona, meglio se questo avviene in contesti informali al di fuori dell’ambiente lavorativo. Penso sia uno dei modi migliori per creare la fiducia, elemento che tra investitore e GEFIA non può mancare, e cercare di abbattere, allo stesso tempo, quella barriera che tra soggetti estranei inevitabilmente viene a crearsi e che non permette all’investitore di capire se il gestore che, con la sua attività influenzerà il risultato finale dell’investimento, ha le competenze ricercate. Ma non solo….

I gestori del fondo lavorano in gruppo e, all’interno di questo, devono essere nelle condizioni ottimali per esprimere al meglio le proprie professionalità. Proprio le interazioni tra i membri del team rappresentano un ulteriore elemento qualitativo da considerare: legami e rapporti tra persone, condivisione di percorsi professionali e libello di commitment al progetto, argomenti trattati in pausa caffè, tutti elementi da considerare (e ponderare adeguatamente) in fase di analisi. In un investimento di lungo periodo, a mio parere, è bene valutare anche le minime frizioni tra il team che possono trasformarsi, nel corso degli anni in una sorta di effetto leva, in delle vere a proprie divisioni capaci di incidere, non mi modo positivo, sulla performance complessivo del FIA.

Un’analisi di questo tipo ritengo debba essere effettuata anche con riferimento alle aziende target con le quali i manager hanno o stanno lavorando. I rapporti tra queste ed il GEFIA sono almeno altrettanto importanti ai precedenti descritti: l’allineamento di visione, le modalità di condivisione delle informazioni, lo sviluppo del network, la corrispondenza tra gli obiettivi definiti inizialmente e la realtà, elementi che permettono di valutare la determinano la consistenza e la solidità del progetto proposto.

Nelle prossime settimane andremo, quindi, a fondo di questi elementi così da condividere quelle che possono le vie attraverso le quali iniziare a strutturare una due diligence “qualitativa” che permetta all’investitore istituzionale di dare anima e colore alle informazioni più standardizzate raccolte nella prima parte del processo di selezione.

 

 

*Cfo di un fondo pensione negoziale

Questo articolo fa parte del blog “Serve del catch up”, leggilo qui.

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